Per tutte le volte che mi sono sentita dire: “prendi l’autobus che è più sicuro”, “vai con la metro così non hai problemi”…
finalmente, si fa per dire, io le mie convinzioni le avevo da prima, sono in possesso della prova provante che i mezzi pubblici non sono così sicuri.
Qualche sera fa, in una fresca serata primaverile, la metropolitana, che passa con ritmi imponderabili e aleatori, era di una pienezza quasi sopportabile, ma sfortunatamente affollata da tanti maniaci di lap dance. Il maniaco di lap dance si riconosce facilmente, perchè un qualsiasi palo verticale provoca in lui l’irresistibile impulso e desiderio di possederlo, di appiccicarsi, di tenerlo stretto tra le mani, di non mollare la presa, di comprimere il proprio corpo sul duro metallo; e sulla metro i maniaci di lap dance hanno il vezzo di ammucchiarsi davanti alle porte (dove guarda caso sono posizionati i pali) anche se devono scendere al capolinea, l’abitudine di non spostarsi neanche se li si prende a pugni sullo stomaco, la capacità di diventare talmente rigidi e immobili da chiedersi come sia possibile: meditazione, assunzione di farmaci, predisposizione personale.
Comunque, qualche sera fa, tra questi lap dancers di pietra cercavo tra un “permesso dovrei scendere” “scusi scendo alla prossima” dei piccoli pertugi dove fare passare prima un braccio poi la gamba, quindi il tronco, e nell’ordine l’altro braccio e l’altra gamba.
Con esercizi mirati di respirazione e esperienze di trasmutazione della materia riesco a raggiungere l’uscita nel momento dell’apertura della porta, sottovalutando, errore imperdonabile, lo zoccolo duro, la fanteria d'assalto, la linea Maginot dei lap dancers. Mi appiattisco ulteriormente, cerco di scomparire per poi ricomparire, una seconda uscita dall’utero materno, ecco sono fuori!! Sì, ma fuori dove?
Il piede non trova una superficie di appoggio e scivola nel vuoto, ovviamente la gamba, non poteva fare altrimenti, lo segue nel suo scendere verso un'altra dimensione, la quarta dimensione della linea sotterranea.
Il primo pensiero è stato che in quella strana posizione, una gamba sulla soglia della metropolitana, l’altra nel sottosuolo, tra la metropolitana e il marciapiede, come Heather Parisi ai tempi d’oro, tutti vedessero le mutande: “speriamo di aver messo quelle buone!”. Solo in un secondo momento, leggendo il terrore negli occhi di una persona davanti a me, mi rendo conto che non ero in una delle posizioni più sicure…
L’entrare e l’uscire della gamba dal “mind the gap”, hanno reso la gamba dalmata, piena di lividi tondi e neri, un ginocchio rigido, bitorzoluto e lievitato, una coscia con sbucciature rosee e capillari viola intenso, il tutto reso più armonico da una camminata strana (MI RE DO SOL quella camminata strana RE DO SOL MI), come dire… zoppa.
E non venitemi a dire che i mezzi pubblici sono sicuri.
sabato 26 aprile 2008
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