mercoledì 31 dicembre 2008

Considerazioni su un anno che sta per finire

Sprofondata su un vecchio divano, con una televisione accesa in sottofondo, per coprire il silenzio, ripenso all'anno che sta per finire. Anno bisesto, anno funesto. E' da un pò che mi gira in mente questa filastrocca. E il 2008 non è certamente passato senza lasciare segni. Abbiamo avuto paura di diventare poveri, sull'orlo di un baratro senza lavoro e senza soldi; ci siamo, chi più chi meno, sentiti coinvolti in un cambiamento epocale con le elezioni americane; abbiamo lasciato la macchina parcheggiata più spesso del solito quando il prezzo della benzina correva senza limiti; abbiamo parlato per giorni dell'isola dei famosi, chi l'ha vista, chi non l'ha vista per principio, chi l'ha vista ma non lo dice, però tutti ne abbiamo parlato come fosse stato un evento. Quante cose, e sicuramente i giornali in questi giorni faranno a gara per pubblicare foto e articoli che compongono un bignami di quello che è stato.

In un anno che per me è stato più no che sì, che per ogni passo in avanti ne ho fatto uno e mezzo in dietro, sprofondando anche tra i binari della metropolitana, provo a pensare quali errori non ripetere e mi tornano in mente le parole di una persona saggia che una volta mi disse. "smettila di piangere, lavati il muso e usciamo".

lunedì 29 dicembre 2008

A volte ritornano

Quante volte si rinasce nel corso della vita? quante volte ci si risveglia con un buon proposito da provare a realizzare? e di contro, quante volte si è lasciato che le cose andassero avanti senza fare resistenza alla corrente contraria?

In questi giorni ho pensato più volte cosa fare di queste pagine; farle rinascere, lasciare che si chiudessero definitivamente? Qual è il significato di un blog? esercizi di stile? valvola di sfogo? raccontare pubblicamente lo sturm und drang quotidiano?

Dubbi, domande, perplessità.

Poi ho pesato che a volte poter ancora dire "qui tutto bene" avesse un senso. Ci saranno cambiamenti di rotta, forse, o forse no, però ho deciso di continuare a lasciare parole e pensieri nello spazio senza spazio del mio blog.

giovedì 14 agosto 2008

Meriggiare pallido e assorto…

Cosa rende una giornata di vacanza più insopportabile di un giorno di lavoro di quelli senza tregua? Le mamme italiane al mare. Uno ingenuamente pensa di andare la mattina o la sera, quando sulla spiaggia crede di trovare solo silenziose e sorridenti famigliole con i bimbi piccoli in cerca di quiete e riposo. Nulla di più lontano dalla verità. In queste ore il mare è popolato quasi esclusivamente da mostri.
Già l’arrivo avrebbe dovuto comunicarmi qualcosa, mettermi in guardia sui possibili sviluppi. Infatti, subito dopo essere scesa dalla macchina, nel grande parcheggio erboso a ridosso degli stabilimenti balneari, mi imbatto in una signora sulla sessantina, capelli rosso pantera d’altri tempi tenuti fermi da un fiore ritahaword, leopardata anzichenò, accucciata tra le macchine a fare la pipì. Dal suo sguardo serafico e da un’ espressione fanciullesca, mi rendo conto che l’imbarazzo è più il mio che il suo. Come volesse dire con candida ingenuità “fatta!” si alza, si sistema e mi passa davanti in un ciabattare di zoccoli ruggenti.

Finalmente in spiaggia, asciugamano, strategicamente oltremisura, così evito vicinanze forzate, cappello, occhiali, giornali, libro, non prima però di un bagno, quando in acqua ci sono poche persone. È un sogno, ho già la malinconia di quando rimpiangerò questi paesaggi, di colline verdi che arrivano sul mare, e di montagne bianche e altre colline che sembrano voler proteggere questa stretta pianura che arriva sul mare. Bene, penso che inizierò a leggere qualcosa che mi porterà a chiudere pian piano gli occhi, e a riaddormentarmi. Non so quanto sia passato dal mio stato di sonnolenza a una serie indistinta di voci fastidiose che entravano senza chiedere permesso nella mia testa. “Looooooooooorenzooooooooooo, esci fuori dall’acquaaaaaaaaaaaaa” “Miiiiiiiiiiiisceeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeel lascia stare il bambino” “Deeeeeeeeeniiiiiiiiiiiiiiiiise non bagnarti” “Criiiiiiiiiiiistiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan vieni a mangiare la brioscheeeeeeeeeeeeeeeeeee” “Azzuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuurraaaaaaaaaaaaa mettiti il cappellino che c’è il sole”.
Mio malgrado apro gli occhi, e mi immergo nella lettura. Ma è impossibile concentrarsi anche solo per capire gli ultimi intrecci sentimentali del jet set nostrano. Mi sfugge se è la nipote di agnelli che si è fidanzata con un qualche principe, o la principessa di monaco, la nuova generazione, che si è fidanzata e si sposa con un giovane imprenditore. Eh che diamine. “Caaaaaaaaaaaaaaaaaaaaarloooooooooooooootta dove vaaaaaaai?” “Nicoooooooooooooooooooooooooooooooooooole vieni sotto all’ombrellone” “Maaaaaaaaaaaaaaaartiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin vieni via da lì, non farmi alzare”. È proprio questo il problema delle mamme italiane, che non vogliono alzarsi, e urlano. Urlano le mamme e in risposta urlano i bambini. Rendendo faticosa quella che dovrebbe essere una piacevole giornata al mare.

martedì 12 agosto 2008

Precious Ramotswe

Precious Ramotswe è stato un regalo che mi sono fatta qualche tempo fa in libreria.
Inventata dallo scrittore africano-inglese Alexander McCall Smith, Precious è una detective privata che vive a Gaborone, titolare dell’unica nonché prima agenzia investigativa del paese, nelle sue indagini, con sguardo benevolo e a volte critico, mette sotto la lente d’ingrandimento i ritmi, le abitudini, le tradizioni, i vizi e le virtù di uno di quei paesi che molti in Italia chiamano, con la superiorità tipica di quello che fu l’uomo bianco, Terzo mondo.
Lettura lieve, veloce e gradevole le storie di Precious, nella loro semplicità, in realtà, sono ricche di suggestioni degne di riflessioni.
“Nel Botswana, tutte le case di Zebra drive, e più in generale tutte le case con più di due camere da letto, avevano una domestica. Esistevano leggi che stabilivano la paga per gli aiuti domestici, ma spesso venivano aggirate. C’erano persone che trattavano malissimo i loro servitori, li pagavano pochissimo e pretendevano di farli lavorare tutto il giorno e, per quel che sapeva la signora Ramotswe, queste persone erano la maggioranza. Quello era il alto oscuro del Botswana, lo sfruttamento di cui nessuno parlava volentieri. Di sicuro nessuno parlava volentieri di com’erano stati trattati i Masarwa in passato, come veri e propri schiavi….così come esistevano ancora innumerevoli africani che lavoravano per una miseria in condizioni di semischiavitù. Si trattava di persone tranquille, deboli, e fra loro c’erano i domestici. La signora Ramotswe non si capacitava che una persona potesse comportarsi tanto crudelmente con i domestici. Lei stessa si era trovata in casa di un’amica che le aveva raccontato, con la massima noncuranza, che la sua cameriera aveva cinque giorni di vacanze all’anno, e non pagati. Quest’amica si vantava di essere riuscita a diminuire la paga della cameriera, perché la trovava un po’ pigra.
“E perché non se ne va, se le hai fatto questo?” aveva chiesto la signora Ramotswe.
L’amica aveva riso.
“E dove? C’è la fila per farsi assumere al posto suo, e lo sa. Sa che potrei trovare qualcuno disposto a fare a fare il suo lavoro per la metà di quello che prende lei.”
La signora Ramotswe non aveva obiettato niente, ma aveva troncato l’amicizia in quel preciso istante. E aveva a lungo riflettuto sulla cosa.” (Morale e belle ragazze – I casi di Precious Ramotswe la detective n°1 del Botswana. Edizione Tea, pagg 82-83)
Anche a me è successo di riflettere a lungo sulla cosa, e ancora non riesco a capire quale e dove sia la linea di confine tra il primo e il terzo mondo.

lunedì 11 agosto 2008

Vacanze

Le vacanze, intese come inattività lavorativa, offrono l’opportunità di affrontare tutto ciò che durante il normale correre delle giornate, scandite dagli orari di entrata e uscita dall’ufficio, viene sacrificato. Questa mattina, infatti, mi sono svegliata con una domanda in testa: i peli sono per tutta la vita o sono solo un accadimento temporaneo?
Tanti gli argomenti che hanno fatto germogliare questa mia riflessione mattutina. In primis, i risultati poco soddisfacenti di una dolorosissima e appiccicosa ceretta, fatta poco più di due settimane orsono; mentre stavo prendendo il sole ho visto che era ricresciuto qualche, per la verità molto pochi, pelo sulle gambe. AARRRGGGGGHHHH. Datemi una pinzetta e vi …. toglierò dal mondo. Dopo la terribile scoperta, nel pomeriggio, è capitato che mi cadesse ripetutamente lo sguardo sul labro superiore di quella che è stata rinominata zia Tzunami, pieno di peli bianchi che parevano così ispidi da poter usare, senza dubbio alcuno sull’esito del risultato, come abrasivo. Per stemperare la visione, non proprio tenera, ogni tanto abbassavo lo sguardo sulle gambe di mia mamma, fortunata lei, completamente glabre, senza un pelo a cercarlo con la lente d’ingrandimento. Praticamente si prospettava davanti ai mie occhi, cioè che avrei voluto sempre essere, e ciò che mi auguro di non dover mai essere.
Per finire, a una certa ora della notte, tra le note stonate e stentate di un cantante di balera di periferia, mi sono ritrovata a parlare di depilazione al laser, che ho scoperto essere un po’ dolorosa e non definitiva, perché volente o nolente, soprattutto in estate quando non ci sono motivi per indossare collant 100 denari, un colpo di ceretta o alla disperata un colpo di gilette, è il caso di darglielo.

lunedì 28 luglio 2008

Riflessioni di mezza estate

A qualcuno potrà mai interessare dei finanziamenti che una regione mette a disposizione per rispettare le quote di cattura dettate dalla comunità europea sulla pesca del tonno rosso?A me, per di più, il tonno che sia rosso, bianco o giallo, neanche piace, e mi schifa (sono una persona desueta e fuori moda) il sushi, di cui il tonno rosso è l'ingrediente principe.
Eppure devo fare un pezzo proprio su questo. Io avevo provato a svecchiare la linea editoriale del giornale, con notizie più coinvolgenti. Vogliamo rimanere in ambito politico-regionale: dopo lo schiaffo al congresso di rifondazione, come si è consolato il governatore della Puglia?... mangiando sushi di tonno rosso?
L'argomento è lo stesso, sarebbe cambiata solo la chiave di lettura della notizia. Inutile scrivere la fine, come cantava Cocciante, era già tutto previsto, fino al punto che sapevo, che oggi tu mi avresti detto, quelle cose che mi dici.

venerdì 11 luglio 2008

mercoledì 2 luglio 2008

Sempre più dubbi

Ho preso nota per non commettere errori.
E' possibile che sia esistita una commissione economica, in una determinata regione del nord italia, che si occupasse, nell'ordine, di sviluppo economico (fin qui i miei due neuroni non hanno nulla da meravigliarsi), ma anche di caccia, pesca ( e ancora siamo nel plausibile) e di immigrazione? Caccia, pesca e immigrazione?
Non capisco le relazioni tra immigrazione e caccia.
Possibile che i flussi migratori siano stati equiparati e gestiti come la migrazione delle folaghe?

domenica 29 giugno 2008

Simboli e tempi

Pavel Florenskji, nella poco estiva, ma interessante raccolta di saggi “Il valore magico della parola”, definisce il simbolo come: “ una realtà che è più di se stessa”. Segue una precisazione un po’ meno fruibili, che però completa il senso delle parole “esso è un’entità che manifesta qualcosa che esso stesso non è, che è più grande e che però si rivela attraverso questo simbolo nella sua essenza”.

La nostra è diventata una società prettamente simbolica, all’uso della parola si è, infatti, preferito l’uso dell’immagine, ossia il simbolo della parola, la realtà che è più di se stessa. Un esempio? I giornali. Un tempo era il luogo deputato alla parola; oggi le parole sono sfrattate da una pagina a un’altra, lasciando sempre più spazio a immagini e fotografie pubblicitarie, e non solo.

Immagini, simboli, video, per dare un di più, quello che nel marketing è chiamato valore aggiunto. E così, può anche capitare che una sera di mezza estate, una persona si fermi davanti a un esercizio commerciale dai vetri oscurati a guardare incredula un video che passa immagini silenziose. Un filmato in bianco e nero, che mostra immagini di un corteo preceduto da un carro trainato da buoi, seguito da un prete con tutti i paramenti in pizzo, un numero imprecisato, di pretini in miniatura, i chierichetti, e una folla indefinita, che nonostante il bianco e nero, sembra particolarmente scura, nera, monocromatica. Il filmato prosegue, con un breve stacco, e la scena si è spostata in un cimitero durante la tumulazione e la benedizione di una bara, un prete, con i colori un po’ giallini tipici degli anni sessanta, stringe le mani e abbraccia persone tristi dai volti tirati.

Anche ‘un negozio’ di onoranze funebri di periferia, ha diritto di mostrare i simboli della propria attività.

venerdì 27 giugno 2008

Dubbi

Dubito quindi sono (in questo paese).
Il caldo mi porta, faticosamente, a riflettere sui massimi sistemi esistenziali.
L'economia stagnante potrebbe essere materia per idraulici e stagnini?
L'inflazione programmata è come la dieta, buoni propositi e sbrago totale dopo una decina di giorni?
L'aumento della disoccupazione può avere a che fare la diminuzione delle vocazioni religiose?
Al calo del potere d'acquisto dello stipendio potrebbe essere utile una scatola di spinaci di Braccio di Ferro?

giovedì 29 maggio 2008

Arrivi e partenze

Ho scritto, essemmessato, detto più o meno a tutte le persone che in questo periodo hanno percepito una mia latitanza, che questi sono giorni di fuoco. Di fuoco!?, che cazzata. Però in certi momenti è facile cadere nel banale. Forse ho associato un mio stato d’essere più movimentato a un caldo improvviso, e per crasi sono venuti fuori i giorni di fuoco.

Ieri ho dato le dimissioni volontarie, così si chiamano da gennaio 2008, dall’attuale posto di lavoro, per iniziarne uno nuovo, bla, bla, bla, bla. Ovviamente l’ambiente è piccolo e la gente mormora e in capo a 15 minuti tutti sapevano delle tre firme apposte sul modulo di dimissioni. E così è iniziato, un lento e costante pellegrinaggio nell’ufficio, ognuno a portare un suo piccolo contributo; un pò come si fa sulla salma del caro estinto: “era proprio una cara persona!”, “sono sempre i migliori ad andarsene per primi”.

Comunque, premesso che lo zoccolo duro, gli zappatisti, il movimento sin terra, sapevano della cosa in anteprima, ho metodicamente preso nota delle banalità regalatemi prima della mia partenza:
“ si chiude una porta si apre un portone” – non è che vado a lavorare in una falegnameria
“ mi dispiace, ma sono felice per te” – aspetta, aspetta, in tre anni mi hai salutato 10 volte
“ chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quello che lascia ma….” – un ottimismo che incoraggia
“ ritornerai” – minaccia?, affermazione?, mai tornare indietro neanche per prendere la rincorsa
“ e dov’è che andresti?” - acida
“ sai quanto ti ho sempre stimato, mi raccomando se trovi qualcosa adatto a me, contattami”
“ sulla carta i lavori sembrano sempre migliori, poi bisogna scontrarsi con la realtà” – parente dell’ottimista di qualche riga sopra
“ ah, sì” – tipo di poche parole
“ ma è da tanto che stavi cercando?”
“ e perché non mi hai detto nulla?” – mania di onnipotenza

L’intensità del momento non può che concludersi con “niente fiori solo opere di bene”.

venerdì 23 maggio 2008

Compra – vendita


Tutto è iniziato con un apprezzamento alla mia dimora;

“Certo, pago un affitto di tutto rispetto”

“Sì, però l’appartamento è spazioso e luminoso”

“Diciamo che lo spazioso dipende molto anche dal fatto che ci pochissimi mobili, gli indispensabili, ma mi piace così”

“E non hai pensato di comprarlo”

Avrei anche pensato di comprarlo, ma come?

I prezzi delle case sono impossibili, e un mutuo, sarebbe eccessivamente vincolante e impegnativo.

Avevo pensato di mettere in vendita qualcosa: la mia bicicletta, valore di mercato 30 euro (ha più di 20 anni, benportati si intende); il motorino, comprato usato 1 mese fa per 600 euro; qualche anello, ma ne ho solo che un paio, anche qui non va meglio.

Qualche organo?

Un rene?, no, troppo impegnativo; gli ovuli?, giuro, che ero andata a cercare su internet quanto li pagavano. I prezzi erano in sterline quindi avrei guadagnato anche con il cambio. Ma quanti ovuli avrei dovuto fare prima di poter avere una somma sonante? In un incubo mi sono vista come le galline di Chicken Run, chiusa in un pollaio a sforzarmi di fare uova.

Puntiamo in alto.
L’anima?

Una volta, era merce ricercata, aveva un valore importante, e le quotazioni non erano malaccio.

Oggi, sarà per la crisi dei mutui americani, sarà per la recessione, sarà che tra qualche anno dovremmo pagare, non ho capito bene quale multe all’Europa, anche l’anima ha perso il suo valore, subisce l’inflazione.

mercoledì 21 maggio 2008

Woman in change


A volte, per giorni che diventano mesi, non succede nulla. Calma piatta e vento di bonaccia, rendono la navigazione quotidiana tranquillamente noiosa. Poi all’improvviso, il vento cambia, si scompigliano i capelli, le onde si increspano, il boma tira e si decide di cambiare rotta. All’improvviso.

Ma di questa storia racconterò gli sviluppi più avanti, fra qualche giorno, quando avrò il controllo del mio guscio di noce in mezzo al mare, che per un tratto ho scambiato per una barca.

* *

Sottotitolo

Carriere

Gli eventi della vita, portano a improvvisi e inimmaginabili scenari.

Venditti si chiedeva, e con lui un po’tutti, come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati. Domanda alla quale, credo nessuno, sia riuscito a fornire una risposta razionale, e tanto meno capace di spiegare gli sviluppi e le implicazioni che ne conseguono.

Forse, l’ho già scritto da qualche parte, al mio paesino, la moglie del medico condotto, ossia del dottore, diventò dopo il matrimonio, per frequentazione, la dottoressa; capace anche di consigliare rimedi per patologie come il mal di pancia, l’herpes, e nevralgie varie. Rimedi alla portata di tutti, che però consigliati dalla dottoressa avevano un loro peso.

Ora, dalla segretaria che impalma l’avvocato, la società si è evoluta parecchio, siamo stati invasi da veline e calciatori, sciò girl e imprenditori, prezzemoline e politici, passando attraverso le tipologie sociali che hanno contrassegnato i passaggi storici del paese.

Quello che invece mi era sfuggito nell’ambito del paese, con il dottore e la dottoressa, è la dote del parentado: per osmosi i parenti della dottoressa diventano tutti dottori, i parenti della segretaria tutti avvocati, i parenti delle veline, sciò girl, prezzemoline, diventano tutti consulenti, imprenditori, o qual si voglia funzione, rampanti!

E così, mi è capitato negli ultimi tempi, di vedere girarsi negli uffici, un nuovo personaggio blu vestito e rosso incravattato, con spavalderia e arroganza tipica dei nuovi, e con la faccia da bravo ragazzo però “tu non sai chi sono io”, chiedere “ma non sono ancora arrivati i giornali?” , entrare negli uffici di quelli che contano annunciato da profondi inchini e sorrisi, dare a tutta la plebe un amichevole tu, come si fa con i lavavetri e il parcheggiatore abusivo.

Il cognome avrebbe dovuto suggerirmi qualcosa, ma sono una che viene dal paese, con il dottore e la dottoressa figli unici e a loro volta senza figli, quindi ho l’ingenuità di credere che i cognomi, il 99% delle volte, siano solo casi di omonimia. Lunedì mattina, giorno propizio alle confessioni, avvicino la segretaria per avere alcune informazioni generali, il numero di fax del nuovo ufficio, il calendario della settimana, varie ed eventuali, e :“scusa, ma chi è il tipo che si aggira in questi giorni?”

“Ma come non lo sai ancora? È il fratello della moglie di un noto politico, con carica istituzionale, che è diventato un nostro consulente. Dicono che sia molto preparato, spregiudicato e rampante. E si è fatto dal niente”.

Certo, ha pensato a tutto la sorella.

…ma come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati….

venerdì 16 maggio 2008

Qui, quo, qua (qui pro quo)

La soluzione più semplice per ottenere un’informazione immediata, seppur approssimativa ma questa è un’altra questione, è cercare su internet.

Dubbio su un termine.

Esiste un plurale?

È sufficiente aggiungere la solita s finale?

Uno, due, tre, il termine dubbioso è su google.

Fiche.

Primo risultato: fiche vogliose, ma qual è il collegamento tra sostantivo e aggettivo?

Successivo risultato: video di fiche, video con le fiche?

Controllo.

Rapida occhiata d’insieme: "si consiglia anche di cercare ragazze e tope".

Oh, oh.


Gettone, nel contesto, andrà più che bene.

mercoledì 14 maggio 2008

Consigli utili

L’andamento climatico, con le sue mutazioni, sicuramente, sono in grado di suscitare interesse; tanto da decidere, una piovosa e fredda sera di maggio, di fare la coraggiosa e preferire a una calda cena, un quasi digiuno, per andare ad assistere a una conferenza sui mutamenti climatici e relative correlazioni antropiche.

La scelta, già da subito, ancor prima di partire da casa, preannunciava un errore di valutazione: meglio la cena.

E infatti, l’esordio ha confermato i miei presagi: una lenta, lunga, tecnica, e quasi incomprensibile (l’incomprensione dipendeva esclusivamente dal volume della voce, di molto inferiore alla soglia dell’udibile) lettura monocorde di una relazione noiosissima.

E’ stata duro, visto anche l’orario particolarmente propizio al sonno, rimanere con gli occhi aperti, ma con qualche piccolo stratagemma, ho evitato, profondamente addormentata, di cadere dalla sedia, come Jack Nicholson nel film Le Streghe di Eastwick.

Ho ascoltato i pettegolezzi delle signore sedute nella fila dietro. In tutte le conferenze, c’è la coppia di amiche che si danno appuntamento, non tanto per ascoltare la relazione, ma per raccontarsi gli ultimi avvenimenti della settimana. Se poi la coppia di amiche è anche un po’ sorda, e quindi il tono della voce è più alto di quello del relatore, una buona mezz’ora di fatti degli altri è assicurata. Peccato non poter dare un volto a tutti i nomi tirati in ballo.

Ho giocato con i giochi del telefonino. Anche il mio telefonino che è un modello base, che più base non si può, mette a disposizione dei pochi sfigati che lo posseggono almeno un paio di giochi. Manca Tetris, però altri 20 minuti sono andati, oltre c’è il rischio di addormentarsi sul cellulare.

Ho guardato le facce e le espressioni degli altri astanti convenuti a sì tanto fortunato incontro. Ed è forse il momento più alto della serata, perché prima o poi, capita di vedere teste ciondolanti o sul petto o sulla spalla, o alcune di quelle piccole operazioni per le quali non si trova mai il tempo: estirparsi i peli del naso, controllare lo stato delle secrezioni auricolari, togliere il dippiù da sotto le unghie, crivellare il cuoio capelluto in cerca di piccoli tesori da tirare qua e là in giro per la stanza. Stiamo parlando di altri 40 minuti passati allegramente.

Last but not least, ho messo a posto la borsa e l’agenda, cancellando le cose fatte o quelle inutili, appallottolando, quanto mi piace appallottolare, biglietti usati, volantini accumulati, e altre forme di carta che si annidano nelle borse.

Certo, non saprò mai se il pianeta tende a un riscaldamento complessivo, e se la situazione degli aerosol nell’aria è a livelli di guardia, ma oggi la mia borsa è ordinatissima.

martedì 13 maggio 2008

Codici

Una porta chiusa, nel codice della comunicazione non verbale, significa che l’ingresso oltre quella porta è interdetto. Per poter accedere oltre è necessario bussare, chiedere permesso, e attendere che il permesso sia accordato. Qualsiasi altro comportamento annulla il significato della porta stessa, rendendo completamente inutile la costruzione e l’acquisto di porte, nonché la messa in opera.

Ora, mi si spieghi perché determinate persone, stimando il loro comportamento amichevole e divertente, aprano la porta del mio ufficio con lo stesso impeto di una giornata di tramontana, rendendo labile l’ordine sparso dei fogli sulla mia scrivania.

Una porta chiusa di un bagno pubblico, nel codice della comunicazione non verbale, significa che l’ingresso oltre quella porta è interdetto, semplicemente perché il bagno è occupato, ossia è usato da qualcuno. Non è possibile accedere oltre, e non ha alcun senso bussare alla porta, perché nessuno accorderà il proprio permesso mentre sta espletando un intimo bisogno fisiologico.

Ora, mi si spieghi perché quando vado in bagno, mentre sono intenta a eliminare ogni ristagno idrico dal mio corpo, qualcuna bussi alla porta. Cosa si aspetta che risponda? Ma prego, entra pure, volevo proprio organizzare una festa in questo locus amoenus.

lunedì 12 maggio 2008

Si ricomincia

Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l'aere sanza stelle,
per ch'io al cominciar ne lagrimai.

giovedì 8 maggio 2008

Comunicazione interattiva

Cosa rimane dopo una giornata-forum sulla comunicazione interattiva, oltre ai postumi di un ricco buffet?

- il desiderio di amputare le mani del prossimo deficienti che abbassa e piega ritmicamente l’indice e il medio per virgolettare una qualsiasi parola.

- l’esigenza di eliminare da ogni vocabolario della lingua italiana la parola QUANTALTRO.

- la necessità di vietare, in maniera drastica, i corsi di pubblic speaking (creano solo tanti piccoli cloni, con identica intonazione, identica postura, identiche espressioni, identiche battute idiote).

- l’idea di imporre l’uso dell’italiano e pubblicare su tutti gli organi di stampa, al limite su tutti i media ma non MIDIA, una lista di parole proibite: click through, branding, branch, case history, keywords, partneship, players ecc.

- il capriccio di rendere punibili per legge tutti i concetti vuoti ma pieni di fonemi altisonanti.

- il sogno di impedire l’uso di palmari e ipod in luoghi pubblici (a proposito di palmari non potete immaginare quante cose sono possibili fare con il pennino durante un forum: pulizia dentale, pulizia del canale auricolare, ispezioni nasali).

lunedì 5 maggio 2008

Questioni di rispetto…


Ogni inizio di settimana porta con se, quelle due o tre cose che quotidianamente mi mandano in bestia, ma che sembrano inevitabili.

La prima, è il maschilismo imperante sul posto di lavoro, con discorsi pieni di doppi sensi a sfondo sessuale. Che se fai finta di nulla, sembri scema o emula di claudia koll colpita da improvvise visioni mistiche, che se rispondi o sono doppi sensi, per loro, incomprensibili, o se i doppi sensi sono a livello da caserma, passi per la zoccolona dell’ufficio. Però, sinceramente, mi sono stancata tutte le volte sentirmi rispondere come soluzione a qualsiasi problema “con pazienza e vasellina…”. Basta!

La seconda, è una abitudine fastidiosa e umidiccia del collega con il quale devo lavorare gomito a gomito, che si lecca le dita prima di sfogliare qualsiasi pagina cartacea (per la verità ho cercato di farglielo notare con un po’ di tatto, ma assuefatto forse da abbondante uso di vasellina, il tatto sembra non essere commisurato alla necessità). E quando sono costretta a consultare gli stessi documenti non so mai dove posizionare le mie dita.


E pensare che sarebbe sufficiente solo un po’ di rispetto…

venerdì 2 maggio 2008

Segreti e bugie


L’idea che sembra star dietro alla mossa di Visco è quella di un controllo sociale dal basso, di utilizzare un sistema circolare di gogna per generare riprovazione nei confronti degli evasori totali o parziali. Ma siamo veramente sicuri che tutto ciò aiuti l’efficacia delle politiche pubbliche di recupero fiscale? Pensa davvero il ministro Visco che il voyeurismo web per individuare quanto guadagna il dentista del piano di sopra o il dirigente d’azienda che-ha-appena-comprato-l’attico-che-volevamo-noi porti a una crescita dell’etica pubblica? O non al contrario all’incremento dell’invidia sociale e all’emulazione di comportamenti viziosi?

Peccato non aver fatto in tempo. A dare un’occhiata veloce ai redditi pubblicati on line.

La prospettiva di vedere le carte in tavola, sembra aver suscitato tanta indignazione, anche da parte di quella classe media che lamenta la difficoltà ad arrivare a fine mese (e qui mi sfugge il motivo dell’indignazione).

La mia unica preoccupazione, se così si può dire, è la vergogna. Perché in una società basata quasi esclusivamente sul profitto, il mio stipendio, quindi il mio valore, è veramente basso. Di contro, invece, sono molto orgogliosa di far sapere che con il mio misero stipendio, riesco, certo con diverse rinunce, a vivere con dignità.

Divulgare questo tipo di informazione è uno degli aspetti civili che questo paese omertoso e reverente dovrebbe adottare, alla faccia delle perplessità espresse da tanti giornalisti, una per tutte quella di Dario Di Vico sul Corriere della Sera, che ho riportato in apertura di questo post.

Certo ognuno ha il proprio metro di giudizio, il Di Vico si preoccupa di sapere quanto guadagna il dirigente che gli ha soffiato l’attico tanto desiderato, altri si chiedono come sia possibile così tanta disparità nelle retribuzioni.

martedì 29 aprile 2008

Risultati

Non è una critica personale ne tanto meno classista, ma dopo giorni e giorni di cineforum post elettorale, ho le orecchie stanche.

Ieri sera, con lo spoglio delle ultime elezioni, spero di aver assistito all’ultima tribuna elettorale de noantri; mi si para davanti uno dei tanti responsabili che sventolando un foglio con le percentuali non definitive del voto, e con sguardo compiaciuto, mi incalza:

“Hai visto, la percentuale di vittoria sta aumentando SPORADICAMENTE”.

“Eh sì, una crescita davvero sporadica”, constatazione esponenziale.

domenica 27 aprile 2008

Similitudine


A proposito di mezzi pubblici, fare un viaggio con trenitalia è come fare una fotografia dell’italia: lenta, sporca e in ritardo.

sabato 26 aprile 2008

Quanto sono sicuri i mezzi pubblici?

Per tutte le volte che mi sono sentita dire: “prendi l’autobus che è più sicuro”, “vai con la metro così non hai problemi”…
finalmente, si fa per dire, io le mie convinzioni le avevo da prima, sono in possesso della prova provante che i mezzi pubblici non sono così sicuri.
Qualche sera fa, in una fresca serata primaverile, la metropolitana, che passa con ritmi imponderabili e aleatori, era di una pienezza quasi sopportabile, ma sfortunatamente affollata da tanti maniaci di lap dance. Il maniaco di lap dance si riconosce facilmente, perchè un qualsiasi palo verticale provoca in lui l’irresistibile impulso e desiderio di possederlo, di appiccicarsi, di tenerlo stretto tra le mani, di non mollare la presa, di comprimere il proprio corpo sul duro metallo; e sulla metro i maniaci di lap dance hanno il vezzo di ammucchiarsi davanti alle porte (dove guarda caso sono posizionati i pali) anche se devono scendere al capolinea, l’abitudine di non spostarsi neanche se li si prende a pugni sullo stomaco, la capacità di diventare talmente rigidi e immobili da chiedersi come sia possibile: meditazione, assunzione di farmaci, predisposizione personale.
Comunque, qualche sera fa, tra questi lap dancers di pietra cercavo tra un “permesso dovrei scendere” “scusi scendo alla prossima” dei piccoli pertugi dove fare passare prima un braccio poi la gamba, quindi il tronco, e nell’ordine l’altro braccio e l’altra gamba.
Con esercizi mirati di respirazione e esperienze di trasmutazione della materia riesco a raggiungere l’uscita nel momento dell’apertura della porta, sottovalutando, errore imperdonabile, lo zoccolo duro, la fanteria d'assalto, la linea Maginot dei lap dancers. Mi appiattisco ulteriormente, cerco di scomparire per poi ricomparire, una seconda uscita dall’utero materno, ecco sono fuori!! Sì, ma fuori dove?
Il piede non trova una superficie di appoggio e scivola nel vuoto, ovviamente la gamba, non poteva fare altrimenti, lo segue nel suo scendere verso un'altra dimensione, la quarta dimensione della linea sotterranea.
Il primo pensiero è stato che in quella strana posizione, una gamba sulla soglia della metropolitana, l’altra nel sottosuolo, tra la metropolitana e il marciapiede, come Heather Parisi ai tempi d’oro, tutti vedessero le mutande: “speriamo di aver messo quelle buone!”. Solo in un secondo momento, leggendo il terrore negli occhi di una persona davanti a me, mi rendo conto che non ero in una delle posizioni più sicure…
L’entrare e l’uscire della gamba dal “mind the gap”, hanno reso la gamba dalmata, piena di lividi tondi e neri, un ginocchio rigido, bitorzoluto e lievitato, una coscia con sbucciature rosee e capillari viola intenso, il tutto reso più armonico da una camminata strana (MI RE DO SOL quella camminata strana RE DO SOL MI), come dire… zoppa.
E non venitemi a dire che i mezzi pubblici sono sicuri.

venerdì 25 aprile 2008

25 aprile




A volte è importanti avere quelle che sono chiamate pezze d’appoggio, ossia le carte che fanno la differenza….
L’immagine un po’ sfocata è il certificato che consegnarono al mio nonno, il famoso nonno Ciccà: Certificato al Patriota numero 54331 nel quale è ufficialmente ringraziato per “aver combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà, svolgendo operazioni offensive, compiendo atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari. Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla causa di tutti gli uomini liberi”.
E oggi, era il giorno adatto per mostrare i gioielli di famiglia!

mercoledì 23 aprile 2008

Le 9 domande del successo

Perché certi titoli e certi articoli capita di leggerli la mattina prima di iniziare a lavorare, con la consapevolezza che nulla cambierà, e la certezza di un’altra giornata dura da mandar giù?
Perché, i giornali continuano a proporre soluzioni irrealizzabili su come migliorare la carriera lavorativa, sapendo di mentire?
Questa mattina vogliono insegnare le 9 domande da fare al capo per avere successo sul lavoro. In una società, quella italiana, dove il rapporto lavorativo è simili al rapporto schiavo – padrone, sto parlando del settore privato perché del pubblico non conosco le dinamiche, la lista ha una sua vena comica:
1) Come misura il successo?
2) Quali sono i settori che devo sviluppare per ottenere avanzamenti di carriera?
3) Quali sono i miei punti di forza che possono aiutarmi a fare carriera?
4) Quanto spesso vengono valutate le performance e chi è incaricato di farlo?
5) Che possibilità di crescita ci sono nell'azienda?
6) Che cosa posso fare per aiutarla?
7) Ho capito bene?
8) Quali sono le priorità su cui bisogna concentrarsi?
9) Posso assumermi questa responsabilità?

E come si dice, se è vero che domandare è lecito, siamo sicuri di voler conoscere le risposte?

lunedì 21 aprile 2008

Ponti

Si prospettano un paio di settimane particolarmente adatte ai maniaci dei ponti (non i sostenitori del reggio calabria-messina).
Che i ponti hanno lo stesso effetto euforizzante per gli adulti come la fine della scuola per i bambini, e tutti sono irragionevolmente di buon umore e pieni di aspettative. Che se in questo periodo chiami qualsiasi persona per avere una qualsiasi informazione, anche la più stupida, ancor prima di aver aperto bocca, rispondono:“Possiamo sentirci dopo il ponte?”. Che poi la situazione è simile a quella prima delle elezioni, e la risposta a qualsiasi domanda era :“Possiamo sentirci dopo le elezioni?”.

venerdì 18 aprile 2008

Postilla a un post

Qualche giorno fa, scrivendo di percezione suggerivo di provare a guardare con un altro sguardo l’immagine pubblicata nel post. Poi, non so il come non so il perché, nell’allegare l’immagine mi si è duplicata. Arghh.
Ora, è vero che non sono una persona particolarmente ordinata, però come la maggior parte delle donne della mia generazione, nevrotiche e attente all’estetica, quelle due immagine pubblicate al posto di una sola mi disturbava anziché no. Da quel terribile incidente sto cercando di eliminarne una: quella sopra, quella sotto.
Ma ogni mio tentativo si è rivelato inutile; e il giallino insolente, peculiarità delle due immagini, sta continuando a perseguitarmi.

giovedì 17 aprile 2008

Il paese dove tutti conoscono qualcuno

C’era una volta, e c’è ancora, un paese a forma di scarpa (non è un caso) dove tutti conoscono qualcuno, o meglio tutti devono conoscere qualcuno.
Il conoscere qualcuno, anzi Qualcuno, perché i qualcuno, quelli con la q minuscola, non sono importanti, e a volte è meglio far finta di non conoscere qualcuno per non esporsi in negativo, è il tratto distintivo della società del paese a forma di scarpa.
Nel paese a forma di scarpa, è importante conoscere il Qualcuno giusto, però può essere utile conoscere anche un Qualcuno qualsiasi, l’importante è che sia Qualcuno o il Qualcuno che può sempre tornare utile.
La frase ricorrente, sulla bocca di tutti è “Conosci Qualcuno che possa darmi una mano a fare…?”, declinabile in:“Conosci un Responsabile del…?”.
Perché il Qualcuno alla fin fine è sempre, conditio sine qua non, un responsabile di qualcosa. Per inciso, il paese a forma di scarpa sembrerebbe, a prima vista, un paese pieno di persone responsabili. Dal responsabile del comune, al responsabile di un dipartimento ospedaliero, dal responsabile di un’azienda, al responsabile di un giornale, sino ad arrivare al massimo dei responsabili, che però non si chiama più responsabile, ma politico.
Conoscere i Qualcuno – Responsabile serve per inoltrare una richiesta, per chiedere un favore, per avere un aiutino, per sistemare qualcosa, per trovare una scorciatoia (inspiegabile per un paese a forma di scarpa, che invece, proprio grazie alla sua particolare morfologia, dovrebbe essere abituato a fare delle belle camminate).
I Qualcuno, secondo i qualcuno con la q minuscola, sono stati unti da un entità superiore, e sono stati dotati di proprietà sopranaturali, in grado di risolvere tutti i problemi personali (sia del Qualcuno stesso, ovviamente, sia del qualcuno, il solito con q minuscola, in quanto singola entità). I Qualcuno, infatti non possono e non devono, per deontologia professionale, occuparsi della collettività, ma solo ed esclusivamente del singolo. Nessuna pietà per il paese fatto a scarpa che, in virtù della sua morfologia, è trattato proprio come una scarpa.
Si potrebbe obiettare se le proprietà taumaturgiche di questi Qualcuno siano veramente così miracolose; considerazione di per se irrisoria, perché i Qualcuno non sono mai soli, ma sono maglie di una fitta rete composta di tanti altri Qualcuno. E come in tutte le favole, si sa che l’unione fa la forza, e qualcosa si può sempre ottenere. Non fosse altro un sentimento di speranza, che si protrae all’infinito. Un’eredità da tramandare agli abitanti del paese dalla forma di scarpa. (I parte)

mercoledì 16 aprile 2008

Risultati

E’ ufficiale, ho letto il suo nome su tutti i giornali.
La persona che a fine mese firma il mio stipendio, è entrato in parlamento.
Molti, al lavoro, speravano in un’amnistia, in uno sconto di pena, in un aumento di stipendio, o almeno nel ripristino del giovedì fascista.
Nulla di fatto.
Una stretta di mano, un buffetto sulla guancia, una sorridente benedizione urbi et orbi: è stato tutto.

lunedì 14 aprile 2008

Uno sguardo d’insieme




A volte, sarebbe necessario cambiare punto d’osservazione.
Annichilire le leggi della gravità per staccare i piedi da terra e vedere tutto dall’alto, o molto più semplicemente guardare con occhio diverso quello che si potrebbe parare davanti.
Imparare a decontestualizzare il particolare dall’insieme, per focalizzare gli scenari e superare i problemi.
Per intenderci, qualche giorno fa, mi è capitato di leggere di come un personaggio capovolse una situazione svantaggiosa in un successo personale. L’episodio di per sé banale, era ambientato in un paese di cultura musulmana, e lui che avrebbe dovuto essere il punto di riferimento della comunità, per scelte di vita lontane dal pensiero dominante, rischiava di perdere il prestigio, la credibilità e lo status sociale appena acquisito. Una delle scelte di vita, che gli avrebbe compromesso la carriera, riguardava l’aspetto fisico della moglie: magra, secca, olivastra e senza figli; l’esatto contrario dei canoni estetici locali, richiesti o quantomeno visti di buon occhio per la donna del leader: burrosa, formosa, possibilmente diafana, e prolifica oltremisura. Essendo la permanenza del signore limitata nel tempo (tra le righe dell'intervista si capisce che non vedeva l’ora di andarsene) presentò ai locali la compagna come la moglie da viaggio, quella che non consuma, occupa poco spazio, non si brucia al sole, e preposta al solo piacere fisico.

Essere in grado di trasformare le situazioni problematiche a proprio vantaggio non è sempre facile, sia perché, per imprinting, è difficile cogliere un’altra chiave di lettura, sia perché il contesto esterno non è elastico o malleabile (si dice che la prima impressione è quella fondamentale).
Lontana dal dare consigli su come migliorare l’ambiente che circonda ciascuno di noi, o come diventare leader in poche lezioni, propongo un semplice gioco che può aiutare a aprire quello che qualcuno chiama terzo occhio, ma che molto più banalmente potrebbe aiutare a aprire i due occhi, che tutti più o meno hanno.
Nell’immagine sopra, si vedono, a uno sguardo d’insieme, dei segni neri in campo giallo privi di significato logico; se però, invece, della visione diretta si usa la visione periferica (si tratta di spostare gli occhi verso il margine della pagina, o strizzarli leggermente) è possibile decifrare tra questi segni geometrici un messaggio.
Certo si sarebbe potuto trovare un messaggio più significativo, ma tant’è.

domenica 13 aprile 2008

Dove diavolo vanno le anatre di central park in inverno, quando il lago è ghiacciato

Ieri, ero andata al centro per fare qualche compera veloce.

Tra gli acquisti avevo pensato di mettere anche una cartina dell’italia e delle bandierine rosse e delle bandierine blu, da usare lunedì sera, insieme alle indicazioni di emilio fede.

Ho girato e rigirato tanti negozi ma di bandierine rosse e blu non ne ho trovata neppure una.

Chissà che fine hanno fatto.

venerdì 11 aprile 2008

Piccoli equivoci senza importanza 2




Si nasce tutti tabula rasa, e poi crescendo si sviluppano delle salde consapevolezze.
Da quando ho memoria, per me lo slogan “Falqui basta la parola” è stato sinonimo di lassativo.
Molto prima dei transiti intestinali lenti, degli intestini pigri e dei bifidus attivi, c’era il confetto falqui che accompagnato, nei passaggi radio e televisivi, da una sorta di musica charleston, allegra – andante (non poteva essere diversamente), ricordava cosa fare in caso di stitichezza. E sebbene non ne abbia mai fatto uso, sono cresciuta con questa consapevolezza; a volte, ho evitato anche di pensare alla parola stessa, temendo che fosse sufficiente a evocare strizzoni di pancia in momenti inopportuni.
Poi per caso e per sbaglio, vedo la pubblicità a tutta pagina, in realtà era difficile passasse inosservata, di un tubetto, tipo dentifricio, tricolore con su scritto una cosa del tipo “Falqui un nome una garanzia” che ho creduto fosse un prodotto sempre utile a una determina funzione o a una determinata area. Vuoi vedere che la falqui sta sperimentando nuove frontiere per i lassativi?
La comunicazione del prodotto non è avvincente, però un po’ la curiosità, un po’ le reminescenze dei tempi che furono, un po’ che non avevo niente di meglio da fare, leggo le indicazioni di uso del prodotto, e scopro, con delusione, che è solo una pomata contro le distorsioni, dolori muscolari, strappi ecc.
Eh, si stava meglio quando si stava peggio.

martedì 8 aprile 2008

Impreparato

E’ l’ennesima volta che prendo in mano il foglio e inizio a leggere, ma il contenuto non mi entra proprio in testa.
Barriere, come paratie, sembrano ostruire i flussi informativi che mi sforzo, si fa per dire, di apprendere; meglio, avrei dovuto apprendere nel fine settimana, invece di….
E così ricomincio: “Per Einstein è la massa – deposito vincolato d’energia – che si svincola e si traduce in energia, ma non è la materia che si annichila nell’energia. Alla scomparsa di una certa porzione (discontinuità) di materia con le sue proprietà inerziali e gravitazionali, fa riscontro lo svincolo di una certa quantità di energia equivalente alla massa della discontinuità e non alla materia….”.
Maaaammaaaa, mi firmi la giustificazione?

lunedì 7 aprile 2008

Ansia da prestazioni

Con un emisfero cerebrale ancora addormentato, leggo le notizie online, degustando un ottimo caffè da distributore automatico, il primo della giornata, nella speranza di svegliare qualche neurone in più.
E come una scossa elettrica, leggo: “Attenzione allo stress da blog, può uccidere. Ansia, insonnia e obesità, combinati ad assenza di esercizio fisico, sonno e dieta irregolare e malsana.
NEW YORK - La morte arriva col blog: lo stress di tenere aggiornato 24 ore su 24 un diario online combinato con l'assenza di esercizio fisico e di sonno e con una dieta irregolare e malsana, sono un cocktail potenzialmente letale che ha cominciato a mietere vittime nel mondo del web…”
E mi sono detta: vado ad aggiornare il mio blog.

venerdì 4 aprile 2008

Vie di fuga

Capita di leggere la cronaca locale di un ‘locale-altrove’.
A me capita spesso di leggere la cronaca locale di dove sono cresciuta, per tenermi aggiornata su quello che succede in zona, e per essere preparata nelle eventuali conversazioni con mia mamma.
La notizia di oggi era proprio gustosa, ha il sapore tipico della provincia, dove tutto sembra come nella famiglia del mulino bianco, ma nella realtà si nascondono storie torbide e morbose. Episodi che suscitano in me un atteggiamento pietoso (la tanto usurata pietas manzoniana) nei confronti dei miei concittadini.
“Si apparta con l’amante, gli rubano l’auto”.
Una coppia clandestina, si incontra per scambiarsi effusioni d’amore (come sono delicati i giornali, immagino invece le voci di paese, ricche di dovizia di particolari, di citazioni e sguardi d’intesa), ma arrivata al canneto, che avrebbe dovuto proteggerli da sguardi curiosi, la macchina, l’articolo specifica che l’auto era potente, ma si sa anche i ricchi a volte piangono, va in panne.
Che fare, che non fare: fortuna vuole che esistano i cellulari, e la fedifraga chiama un’amica fidata per farsi portare a casa. Da appassionata collezionista di scuse mi chiedo cosa avesse raccontato a casa: che doveva fare straordinario perché aveva un lavoro in sospeso; che usciva con un paio di amiche per un cinema e una pizza; che andava a trovare una zia malata….
Comunque, lascia l’amante da solo a sacramentare contro le strade infangate, contro il freddo della sera, contro la macchina che non si muove, e se ne va.
Ma lui no. Deve prima riappropriarsi della macchina, potente, e poi darsi una mossa a tornare a casa, non prima però di essersi dato una pulitina: “Amore, non puoi minimamente immaginare cosa mi sia accaduto oggi in ufficio. Sono talmente stanco e incazzato che non mi va neppure di parlarne. Mi faccio una doccia veloce e poi ti raggiungo a letto”.
Così chiama il carroattrezzi; arriva sicuramente a piedi, lasciando la macchina incustodita, nominando tutti i santi del calendario di frate indovino, sulla strada asfaltata per tornare come passeggero del carroattrezzi a recuperare la macchina, potente, che però era sparita. “Forse è un po’ più in là…, forse ho girato a destra invece che a sinistra…, forse è un altro cannetto…, aspetta no è di là…”. Insomma la macchina, potente, non si trova.
Immagino, che i santi del calendario di frate indovino interpellati nel frattempo si siano raddoppiati, e siano stati chiamati in causa anche quelli degli anni precedenti.
L’ultimo passo, quello estremo è di chiamare la polizia.
Forse “Amore, non puoi minimamente immaginare cosa mi sia accaduto oggi in ufficio” in questa occasione potrebbe non funzionare, bisogna passare a frasi d’effetto “Mi hanno rapito gli extraterrestri e si sono tenuti la macchina , quella potente, in ostaggio”.

mercoledì 2 aprile 2008

Cene elettorali




Sono settimane di grandi abbuffate. Chi è che diceva “è tutto un magna magna”?, e ogni sera, da un po’di tempo, mi capitano inviti a qualche cena elettorale.
Ci sono cene elettorali in locali modaioli, cene al ristorante etnico, ma anche in trattorie dal menù con nomi incomprensibili, o nei ristoranti sotto casa di quartiere (questo è stato l’esordio dell’invito di oggi, ma non ho capito cosa volesse dire, che una mamma di quartiere prepara un po’ di pasta per tutti?), catering in case private, e per finire nei grandi hotel,
Le cene elettorali possono essere informali (di solito però arrivano tutti tirati, stile matrimonio dei parenti bene), formali (ma dopo neppure 5 minuti i commensali si tolgono la cravatta mettendola nel taschino della giacca e si slacciano la camicia sino al pelo); intime (con non più di 15 convitati, così si parla meglio), allargate (così non c’è il pericolo di parlare o di rispondere a qualche domanda diretta e pruriginosa, “posso portare anche tre amiche e due colleghi?”); sedute, in piedi, a buffet.
Gli invitati tipo sono: commensali in cerca di lavoro, in cerca di favori, in cerca di qualcuno, che amano ‘la mondanità’, che non hanno niente di meglio da fare, che conoscono…, che vorrebbero conoscere…., amici di…., habituè dei pranzi gratis, rimediati per far numero.
A questo punto si aprono diverse prospettive e un dubbio:
- Avevo deciso di iniziare la dieta e invece ingrasserò di almeno3 chili
- C’è la possibilità/il rischio che con la riammissione della Dc e l’eventuale rinvio al voto almeno per tutto aprile la cena sia assicurata
- Sono quasi 3 settimane che non faccio la spesa e non ho avvertito l’aumento dei prezzi e dell’inflazione
- Non farò la spesa per i prossimi 10 giorni
- Se qualcuno volesse farmi una sorpresa e organizzare una cena tete a tete non ci saranno ristoranti liberi
- Se qualcuno volesse farmi una sorpresa e organizzare una cena tete a tete non sarebbe una sorpresa gradita
- Chi paga il conto?

martedì 1 aprile 2008

Cosa preparo stasera a cena?

La domanda che rimpalla da una stanza all’altra è: “cosa preparo questa sera a cena?”
- “ Pasta al Tonno!”
- “Fa malissimo contiene mercurio”

- “Mozzarella?”
- “Diossina”

- "Vino?"
- "Metanolo"

- “Bistecca?”
- “Mucca pazza”

- “Pollo?”
- “Aviaria”

- “Pecora?”
- "Cosa c'ha la pecora?"
- “Dolly”

lunedì 31 marzo 2008

Precorrere i tempi


Avrei potuto scrivere del cambio di orario che provoca, sono sicura di averlo letto da qualche parte, non solo come nel mio caso una ulteriore difficoltà ad alzarmi dal letto, gravi malesseri in un’alta percentuale di persone. Ma la notizia non sarebbe stata di giornata. Le famose lancette ballerine, che si spostano un ora avanti o un ora indietro a seconda dei periodi, sono, infatti, state spostate ieri.
Avrei voluto scrivere del film che ho visto venerdì sera, che mi è piaciuto veramente molto, in un’ipotetica scala da 1 a 10 avrebbe meritato un 8, ma nonostante l’uscita nelle sale è prevista solo questo fine settimana, è già sulla bocca di tutti, e qualcuno lo sta anche strumentalizzando per la campagna elettorale. A proposito, il film si intitola Juno, e non ha nulla a che vedere con la ridiscussione della legge 194.
Avrei potuto anche non scrivere nulla, in fondo un blog non potrà cambiare il mondo, non si tratta di una cosa essenziale, è solo una vanità personale, o poco di più.
Voglio invece precorrere i tempi. Domani 1 aprile, è il famoso giorno del pesce (Nemo, il pesciolino della Disney ha provato a scalfirne la notorietà, ma non c’è stato verso) e sono sicura che molti, anche di età ragguardevoli, si sono messi a fare bricolage con carta e forbici, per fare gli splendidi, e prepararsi a infestare le schiene di colleghi o amici con bigliettini molto esilaranti, originali, divertenti, mai visti prima. Per tutti questi, ma soprattutto per me ho fatto una ricerca per capire chi sia stato il primo splendido della storia che ha inventato questa tradizione.
E ho scoperto che, come tutte le cose dove esistono tanti esperti pronti a dire la loro, esistono diverse versioni sulla nascita di questa tradizione. Quella che secondo i più è la meno improbabile, fa risalire l’usanza del primo aprile, una vera e propria festa, intorno al 150 a.c., quando questa data segnava l’inizio dell’anno. Più tardi, l’istituzione chiesa soppresse la festa, stabilendo l’inizio dell’anno al primo gennaio; però la vecchia e saggia (mi verrebbe da aggiungere, perché di logica percepisco meglio un inizio dell’anno con il rinascere della natura e della luce, che nel cuore dell’inverno buio, freddo e piovoso) tradizione continuò a sopravvivere tra i pagani che per questo erano derisi e scherniti.
Altra ipotesi che ha i suoi sostenitori, si rifà al rito pagano, legato al calendario giuliano (calendario solare, basato sul ciclo delle stagioni, e sostituito poi da quello gregoriano, quello per intenderci che per far tornare i conti ha aggiunto un giorno ogni 4 anni) quando il primo aprile coincideva con il solatio di primavera. Il primo aprile e i giorni immediatamente prima, segnavano la fine dell’inverno e il risveglio della terra e della vita, per l’occasione si offrivano doni votivi agli dei, e i non-dei festeggiavano con “lazzi, burle e buffonerie”.
Ho sempre pensato che le feste di matrice pagana abbiano una marcia in più, non solo espiazioni o memento mori, e sto già pensando ai lazzi, alle burle e alle buffonerie da proporre alle mie vittime di domani.

venerdì 28 marzo 2008

A tratti deludente

TIT: nonostante il brutto tempo è ancora giorno
SCEMO E PIU’SCEMO: si c’è ancora luce, si può giocare a pallone senza luci
TIT: eh sì perché lunedì quando usciremo alle sei sarebbero le cinque
SCEMO E PIU’SCEMO: mhh, e alle sette le sei
TIT: vero, e alle otto le sette

RETROVIE: perché lunedì mattina a che ora passa la navetta?

giovedì 27 marzo 2008

Aria odorosa

Gli uomini, ma in verità anche qualche donna, non tutte e soprattutto esclusa la scrivente, in alcuni momenti si lasciano andare. O meglio lasciano andare dal loro corpo aria odorosa.
Come diceva Benigni, riferito a un’altra funzione fisiologica, …soprattutto è cosa umana, cioè non è una cosa vergognosa, ne tanto meno è il caso di reprimere gli stimoli. Però come in tutte le situazioni ci sono momenti e luoghi.
E il mio ufficio, decisamente, non è il luogo idoneo: è un piccolo acquario (definito da sole pareti di vetro), poco arieggiato e occupato da sole due persone. Situazione che esclude la presenza di un capro espiatorio.
Dal rientro della pausa pranzo, guardo negli occhi il mio collega che stava comodamente seduto sulla poltrona tutto indaffarato a tergiversare sull’uscita clandestina della sera precedente, e speravo che lo sguardo tra il severo e lo schifato fosse ragione sufficiente per un atto di contrizione. La reazione è stata uno sguardo di ammiccamento: “Capito ele!!, io esco tutte le sere con donne diverse che si litigano per me”. La mia risposta muta è stata quella di sostenere lo sguardo con un: “Forse perché non hanno avuto l’occasione di sentire gli odori che sei in grado di produrre”.

venerdì 21 marzo 2008

Equinozio…


Here comes the sun, here comes the sun And I say it's all right Little darlin' it's been a long cold lonely winter Little darlin' it feels like years since it's been here Here comes the sun, here comes the sun And I say it's all right Little darlin' the smiles returning to their faces Little darlin' it seems like years since it's been here Here comes the sun, here comes the sun And I say it's all right Sun, sun, sun, here it comes

Vigilia di pasqua




D’accordo non è esattamente la vigilia, ma è un po’ come lo fosse…
Tutti, inspiegabilmente, si sentono più disponibili, sorridenti, e userei anche l’aggettivo: buoni.
La pausa pranzo è stato addiritura un conviviale momento di condivisione, di spezzare pizza e colombe in sala mensa. E mi è venuto da pensare, non è che siamo all’ultimo pranzo, e tra queste visi si nasconde quello di giuda?
Poi c’è stato un piccolo incidente diplomatico, un momento di imbarazzo, perché la direzione, sempre così affaccendata e impegnata, si è dimenticata di acquistare "la colomba del dipendente". Fortunatamente.
L’anno scorso, dopo il cadeaux natalizio ci toccò ringraziare anche per quello pasquale: una colomba. Morta.
Qualcuna con le ali spezzate, altre decapitate, altre ancora ferite nel petto.
Pazienza. Sarà per il prossimo anno.
E ora, chiusi tutti i cassetti, archiviati tutti i giornali, messe in ordine tutte le penne nel portapenne, sistemata la scrivania, si aspetta che suoni la campanella di uscita.

mercoledì 19 marzo 2008

Riunioni condominiali



Dopo tutto questo silenzio, scrivere oggi un post ha la stessa valenza terapeutica di un massaggio.
Ieri sera rientravo a casa sullo stravolto andante e ho trovato sul portone d’entrata un foglio bianco con su scritte delle cose. I soliti problemi condominiali.
Non che sia un’assidua frequentatrice di riunioni condominiali, anzi ho sempre evitato di rientrare o uscire da casa, ossia di passare nei paraggi di casa, all’orario e nel giorno stabilito per la riunione; ma le riunioni condominiali hanno il potere di lasciare dietro di loro larve di voci e di documenti scritti.
I primi tempi di vita cittadina, ero vessata dal divieto di far uscire “acqua dai pisciarelli”; e il problema pisciarelli, incurante di tutte le tragedie planetarie, è andato avanti per quasi cinque anni, il tempo della mia permanenza nello stabile. Chissà come è andata a finire? Se a distanza di tempo intorno al palazzo gira ancora la ronda anti-pisciarello? Comunque sia, dietro al pisciarello si nascondeva le temutissime canaline di scolo dei terrazzi, che si pretendeva fossero chiuse ermeticamente con il silicone, per creare tante piscine private sui propri terrazzi.
Nel successivo trasloco, mi sono imbattuta con il problema parcheggio della bicicletta, il problema da condominiale era diventato pertinente a tutto il vicolo, un condominio allargato. C’erano persone che avevano acquisito il diritto, per anzianità credo, per parcheggiare la bicicletta all’inferriata della mia finestra; e le poche volte che osai legarla alla finestra di fronte scatenai le furie di un comitato cittadino. Non mi rimase che portarla dentro e fuori casa ogni volta.
Nel penultimo condominio, un vero e proprio porto di mare, di problemi ce ne erano parecchi, forse talmente tanti che dalle riunioni condominiali si era passati a una forma di informazione door to door; praticamente si sequestravano i condomini nell’ascensore e nel tempo di una salita o discesa i rappresentanti di scala riuscivano a comunicare e a estorcere tutte le informazioni necessarie per lettere anonime e liste di proscrizione. Una sera rientrando stanca e particolarmente tardi sbagliai scala di entrata e di conseguenza ascensore, fu un’esperienza devastante.
Ritornando al foglio sul portone di ieri sera, ho avuto la tentazione di tirare dritta e fare finta di non vedere nulla, intanto prima o poi capita che mi acchiappa il portiere e mi fa la relazione, poi però ho ceduto alla curiosità e mi sono fermata a leggere. Una delle abitante si interrogava e interrogava le altre persone circa la funzione delle fioriere nell’androne, o meglio non tanto delle fioriere in generale, ma di quelle fiorire in particolare che si presentano un po’ scrostate e arrugginite, e conferiscono all’insieme un’ aria di decadenza e trasandatezza, tipica di molti degli abitanti dell’immobile. Quindi secondo il suo supremo senso estetico sarebbe stata cosa buona e giusta rimuoverle il prima possibile.
Con i passi pesanti e stanchi mi sono trascinata davanti alla porta di casa pensando: forse è venuto il momento per un altro trasloco?

martedì 11 marzo 2008

Messaggi subliminali

È un momento, lavorativamente parlando, difficile; un cambio al vertice dirigenziale, porta i dipendenti a strani giochi di potere interni. Nei corridoi sfrecciano pericolosi coltelli alle spalle e autodafè degni della santa (si fa per dire) inquisizione.
Per evitare abusi e overdose di malox e citogel, cerco di osservare la situazione con sguardo distaccato, assumendo un atteggiamento da saggio (qualche sera fa Luigi ha speso ore e ora del suo tempo ad insegnarmi esercizi di rafforzamento della volontà e del pensiero; ovviamente nessuno dei suoi insegnamenti è stato messo in pratica. Colpa mia, ma questi esercizi richiedono troppa fatica e costanza, qualità, quest’ultima, che manca da un po’ di anni dal mio vocabolario).
Tornando nel merito del disquisire, in questi giorni l’azienda ha superato la verifica ispettiva per il mantenimento della certificazione di qualità, ossia l’ufficio contabilità ha staccato l’assegno di qualche migliaia di euro per mantenere il bollino della qualità sulla carta da lettera e sui bigliettini da visita aziendali.
Per comunicare il conseguimento di un così importante risultato il responsabile qualità interno questa mattina ha mandato a tutti una comunicazione nella quale si ricordava che anche per quest’anno… l’avevamo sfangata. Una semplice mail di servizio, senza particolari messaggi subliminali, almeno così credevo.
Ma a stretto giro di email, come il susseguirsi di tuoni fulmini e acqua in un temporale, sono arrivate risposte da tutti i vari uffici, o come li chiamano da queste parti, che fa molto più figo, business unit.
È iniziato con un “complimenti per il lavoro svolto” dal sapore di una generica benedizione urbis et orbis anche se non si capisce bene in virtù di quale autorità conferita, seguita dalla risposta di un ufficio particolarmente piccato di essere stato il secondo a complimentarsi. E’ stata la volta di una congratulazione personale esplicitata in un “da me in particolare”, le solite manie di protagonismo; a cui ha fatto eco le congratulazioni “anche da un particolare ufficio” con ben 2 punti esclamativi (qui la gioia per l’evento dovrebbe essere stata particolarmente sentita).
E che gli altri possono essere da meno? Non sia mai, e di seguito altre risposte di felicitazione “a chi finalmente sa apprezzare gli ottimi risultati raggiunti” detto tra noi solo chi l’ha scritto riuscirebbe a dare una spiegazione comprensibile di quello che voleva dire, ma l’importante era esserci. Causa un piccolo contrattempo con conseguente ritardo nell’entrata dell’autore, la risposta delle risposte è stata divulgata solo alle 9,45 :“Faccio sentite congratulazioni anche dall'ufficio tal dei tali. Spero che questo positivo passo in avanti possa essere un punto fermo per uno sviluppo costante e produttivo dell'azienda”, seguito dalla firma cognome e nome, preceduta da un non passamaidimoda e puòsempretornarcomodo Dott.
Sono seguiti diversi “complimenti a tutti”, da e a porci e cani, per finire con un ermetico “un atto dovuto”.
Stupiti dal silenzio del mio ufficio c’è chi è venuto a chiedermi spiegazioni e chi mi ha addirittura chiamato lamentando la mancanza di un comunicato stampa adeguato da parte dell’ufficio comunicazione.
Così ho aperto l’icona scrivi di mozilla thunderbird, e facendo mie le lezioni di lessico ho iniziato a scrivere “ ‘sti cazzi (non usando in questo caso il diminutivo) dall’ufficio comunicazione”, un attimo di titubanza nel fare invio, durante il quale ho pensato all’affitto da pagare, e ho cancellato tutto.

lunedì 10 marzo 2008

Luoghi comuni

Posso dire che mi sono scocciata di tutta questa pioggia?
Stamani, come consueto da un po’ di giorni, dopo aver aperto la serranda, trovo sempre il cielo grigio e nuvoloso (la prima goccia aspetta a scendere che stia uscendo dal portone). Oggi però ho deciso di indossare le calze nere con le ranocchie verdi, che ho comprato tanti anni fa in Irlanda. Che centrano le calze con la pioggia? Niente.
Però si dice che queste giornate ricordino tanto la situazione meteo abituale dell’Irlanda, e forse ho collegato le mie rane al tempo piovoso.
In realtà, quello che ricordo dell’Irlanda non è stato certo un tempo piovoso, sebbene fosse dicembre le giornate erano quasi tutte soleggiate. Mentre ricordo la Sicilia particolarmente piovosa, un fine agosto inizi di settembre di diverso tempo fa, non una giornata senza pioggia; anche se i cartelloni avevano pubblicizzato una regione con 365 giorni di sole l’anno. Vai a fidarti dei luoghi comuni.

giovedì 6 marzo 2008

La 25a ora

La mattina ho un caratteraccio, sono nervosa, nevrotica, intollerante, acida, insofferente, (per non parlare di mattine come queste che sono costretta ad alzarmi presto mentre fuori piove, e so che da li a poco avrò le scarpe umide, i vestiti umidi, i capelli umidi, e sarò umida per tutto il giorno), tutto sommato la mattina riesco a dare il peggio di me.
Quello che maggiormente non tollero è la presenza di altri esseri viventi nel mio raggio d’azione, che intralcino i mie movimenti, le mie iniziative personali, la mia traiettoria. Mi infastidiscono le persone che occupano tutto il marciapiedi e che mi costringono a scendere, a schiacciarmi contro il muro, a fare lo slalom. Mi infastidiscono le persone indecise dentro al bar, suvvia puoi scegliere questo cornetto, senza esitazioni, senza tentennamenti, senza “quasi quasi oggi provo”. Mi infastidiscono le persone che senza motivo occupano le porte di salita o discesa degli autobus, e non si muovono neanche a gambizzarli. Mi infastidiscono quelli che in motorino non si fermano agli attraversamenti pedonali, passandoti davanti o dietro, con aria di sufficienza; ancora di più mi infastidiscono quelli in macchina che non si fermano agli attraversamenti pedonali, pretendendo di avere ragione e guardandoti con delle facce con su scritto “devo andare a fare una cosa importantissima”.
Mi infastidiscono quelli che invece di camminare, passeggiano, rallentando il flusso.
Mi infastidiscono i piromani peripatetici cioè quelli che tengono la sigaretta a passeggio tra la folla. Mi infastidiscono quelli che appoggiano un attimo la macchina sul marciapiede, e poi a fianco a loro un altro appoggia un attimo un’altra macchina, e così facendo mi costringeno a passare al centro della strada.

“…In culo agli agenti di borsa di Wall Street, che pensano di essere i padroni dell’universo; quei figli di puttana si sentono come Michael Douglas/Gordon Gekko e pensano a nuovi modi per derubare la povera gente che lavora. Sbattete dentro quegli stronzi della Enron a marcire per tutta la vita… e Bush e Chaney non sapevano niente di quel casino?! Ma fatemi il cazzo di piacere! In culo alla Tyco, alla ImClone, all’Adelphia, alla WorldComIn culo ai Portoricani: venti in una macchina, e fanno crescere le spese dell’assistenza sociale… e non fatemi parlare dei pipponi dei Dominicani: al loro confronto i Portoricani sono proprio dei fenomeni. In culo agli italiani di Benson Hurst con i loro capelli impomatati, le loro tute di nylon, le loro medagliette di Sant'Antonio, che agitano la loro mazza da baseball firmata Jason Giambi, sperando in un’audizione per I Soprano. In culo alle signore dell’Upper East Side, con i loro foulard di Hermes e e i loro carciofi di Calducci da 50 dollari: con le loro facce pompate di silicone e truccate, laccate e liftate…Non riuscite a ingannare nessuno, vecchie befane!
…In culo a questa città e a chi ci abita. Dalle casette a schiera di Astoria agli attici di Park Avenue, dalle case popolari del Bronx ai loft di Soho, dai palazzoni di Alphabet City alle case di pietra di Park Slope e a quelle a due piani di Staten Island. Che un terremoto la faccia crollare. Che gli incendi la distruggano. Che bruci fino a diventare cenere, e che le acque si sollevino e sommergano questa fogna infestata dai topi…”
La 25a ora –Spike Lee.

mercoledì 5 marzo 2008

Questioni di lessico

Il primo ostacolo che deve affrontare l’immigrato è sicuramente un ostacolo di tipo linguistico. Infatti, l’integrazione avviene solo nel momento in cui si acquisisce una certa padronanza della lingua del paese ospitante: la padronanza linguistica consente di confrontarsi, capirsi con i locali, e avere un certo peso all’interno della nuova comunità.
Però per quanto possa sembrare strano, la differenza linguistica non riguarda solo persone appartenenti a nazioni diverse. Così, almeno, è stato per me, quando mi sono spostata a Roma; nei primi tempi mi capitava di sentire cose per le quali non riuscivo a cogliere il significato preciso. Tutto iniziò con un “sta robba è un tajo” e fino a robba non mi serviva un grande sforzo immaginativo, ma tajo? che cosa voleva dire? che la cosa era positiva o negativa?
Da allora, ebbi coscienza che l’italiano non era affatto la nostra lingua comune, ma esisteva un gergo, che non era semplicemente il classico gergo dei giovani, delle tribù metropolitane, delle compagnie, ma un modo di parlare molto più diffuso e comune dell’italiano stesso, una lingua locale per iniziati, che separava gli oriundi da tutti gli stranieri.
Sebbene sia strano sentire libbro, sabbato, borza e sensibbile, la strada per l’integrazione passa per l’acquisizione della lingua locale. E così, a distanza di anni, nel mio vocabolario, anche se non eleganti, non solo per la loro brusca e schietta brevità, sono entrati due modi di dire indispensabile nella quotidianità cittadina: meco e stica.
Meco e stica sono un’abbreviazione ( è abbastanza intuitivo capire di cosa), e meco indica un senso di compiacimento, è una specie di però!!! elevato all’enne; stica, invece, può esprimere un senso di ribellione o un chissenefrega. Seppur assonanti, in merito agli attributi di riferimento, è essenziale non confonderne l’uso, valutando quale sia la forma più opportuna per ciascuna circostanza. Pena l’esclusione dal cerchio magico della comunicazione per iniziati.

P.s. Sempre a proposito di lessico, sta andando avanti la raccolta di materiale per la stesura di un dizionario illustrato di lingua quasi italiana, ispirato da una cara collega. Di oggi:
Mi sono persa di vista: c’è chi, per aprire le porte della percezione, ha fatto uso di sostanze psicotrope, c’è a chi è sufficiente cornetto e cappuccino.

martedì 4 marzo 2008

Incipit

È successo due volte in pochi giorni, ho ricevuto delle mail da persone che non sentivo da tanto tempo. A dire il vero, solo una era intenzionale, un amico che mi chiede come sto, e cosa sto facendo e si informa se può mandarmi delle newsletter. L’altra, invece, solo con il senno di poi, capisco che era non voluta. Appena arrivata stamani apro la posta e leggo “e soprattutto molto simpatica…………come la figlia” seguito da una foresta di punti esclamativi.
D’impatto, non mi è sembrato una cosa gradevole; è vero, penso, avrei dovuto farmi sentire ogni tanto, mandare almeno gli auguri per natale, che già siamo a pasqua. Però sono fatta così mi dimentico sempre di tutto, e non per cattiveria o per un qualche senso di non meglio identificata superiorità. Mi hanno sempre detto che non dimentico la testa solo perché è attaccata al collo.
Poi il: “come la figlia” mi fa pensare a:“quale figlia?”, io non ho figlie. Quindi non ce l’aveva con me.
Non sarebbe stato un inizio di giornata propizio scoprire di qualcuno che mi reputa antipatica.

venerdì 29 febbraio 2008

Una volta ogni 4 anni

La civiltà occidentale ha acquisito culturalmente una concezione lineare del tempo, dove spazio e tempo procedono paralleli, idealmente verso un futuro, infatti sono stati gli antichi greci a insegnarci che era impossibile scendere due volte nello stesso fiume.
Il procedere del tempo è calcolato suddividendo il sorgere e tramontare del sole, in ore e minuti che diventano settimane, mesi e anni. E un giorno come questo, che capita solo una volta ogni 4 anni, messo per far quadrare i conti al calendario, sembra un po’ stonare in un pensiero così razionale e matematico. Da qui il detto popolare, chè voce di popolo voce di dio, non riuscendo a capire la trovata di un giorno in più piazzato ogni 4 anni ha elaborato ben due concetti fruibili a tutti con estrema chiarezza: anno bisesto, anno funesto e Febbraio febbraietto, corto corto e maledetto.
Tempo e magia, e ormai anche questo 29 febbraio tra qualche ora sarà cosa passata…

giovedì 28 febbraio 2008

Pecunia non olet

…ma avrei potuto scegliere anche piove sempre sul bagnato, o come apostrofa sempre mia mamma riferito a un qualsiasi essere umano che ha tanti soldi ma non sa goderseli: “chi ha il pane non ha i denti”.
Questo post nasce come riflessione, amara, a 2 articoli che ho letto questa mattina, uno sugli stipendi dei padri che sembrerebbero condizionare quelli dei figli, l’altro a proposito di come solo poche persone siano destinate a essere ricche.
Si evince che avere a che fare con i soldi (anche se mi piace scriverlo come dicono qui a Roma sordi perché sembrano di più) non è cosa per tutti; e non tutti possono diventare ricchi anche se fossero messi nelle condizioni per poterlo essere.
Lo so, notizie di questo tipo concomitanti alla consegna della busta paga di febbraio sono ad alto rischio depressione. I lettori con tendenze maniaco depressive dovrebbero leggere e pensare ad altro.
Per aiutarci a sprofondare nella depressione più nera, come se esistesse la necessità, ci viene incontro anche un certo signor Simon premio Nobel per non so che cosa, ma deduco, vista la questione, per l’economia, che sentenzia e sostiene, ma anche qui apro un altro inciso per dire che mi sembrano solo chiacchere e distintivo, vorrei tanto fare la prova, che se tutti i soldi del mondo fossero suddivisi in ugual misura a tutti gli abitanti della terra, nell’arco di cinque anni tornerebbe nelle tasche dei soliti noti. E anche per questo, da genitori con stipendi alti nascono figli con stipendi alti, da genitori con stipendi bassi nascono figli con stipendi bassi.
La ricchezza è quindi genetica. O si trasmette per osmosi. Della serie o sei figlio di Onassis o fattene un ragione. A sgobbare da qui all’eternità.

mercoledì 27 febbraio 2008

… una più del diavolo

Ieri sera ho imparato un altro modo di dire che definisce un particolare fenotipo femminile.
Avete presente quando nelle leggi di Murphy si raccomanda di non innamorarsi mai di una donna vista solo di spalle (nella stessa misura, il consiglio è valido riferito anche agli uomini, ma Murphy alias Bloch era uomo e quindi tutto il corpus di leggi ha una visione prettamente maschile anzi maschilista).
Per farla breve, la definizione era :“ Dietro liceo, davanti museo”.
Ditemi che non è un capolavoro!

lunedì 25 febbraio 2008

Sulle famiglie e delle piante grasse

Ho sempre paragonato la mia famiglia, quella dalla quale provengo e l’unica che abbia considerato tale, a una famiglia di piante grasse, o meglio a tanti piccoli vasi di cactus.
Non riusciamo a stare troppo vicini, perché rischiamo di farci male l’un l’altro, di pungerci con le spine. Abbiamo dei caratteri molto individualisti, quasi solitari, e sembra che ognuno viva bene solo all’interno del proprio spazio, che deve essere il più ampio possibile e fisicamente separato. Però nella lontananza, ciascuno a modo suo sente nostalgia e senso di appartenenza.
Sinceramente non so se anche nelle altre famiglie sia così. Negli anni della mia personale contestazione adolescenziale, da qualche parte avevo letto una frase che poi feci mia, nell’intento di fare del male ai miei genitori e a quelli che mi stavano intorno. La frase che a caratteri cubitali avevo scritto nel mio studio in modo che tutti avessero ben chiaro quale fosse la mia opinione, dopo un primo momento destabilizzante, non sortì l’effetto sperato, così via via perse nitidezza, e fu dopo una delle imbiancature periodiche sepolta nelle memoria delle pareti domestiche. E così insieme alle mani stampate e all’arte preverbale dell’asilo, ai murales educativo-pedagogici delle elementari, ai cuoricini dei primi scombussolamenti ormonali delle scuole medie, sotto strati di intonacato è conservato anche il periodo rivoluzionari con: la famiglia è ariosa come una camera a gas.
Altro che piante grasse!!

venerdì 22 febbraio 2008

Confusione

Se ovunque percepiamo coincidenze, è perché il cervello umano è resettato per cogliere l’ordine dal disordine e il senso dal nonsenso.
Stamani, mentre stavo facendo colazione, ho constatato l’avvenuto decesso, o meglio la mai vita, del mio nocciolo di avocado. Sicuramente per colpa mia ha vissuto momenti di estrema arsura, però anche lui non mi è venuto incontro.
La prima pausa caffè della giornata è coincisa con una breve passeggiata esterna e furto nel fantastico giardino della marrana. Chiara ha letto che la Nepeta, pianta abbondantemente usata come bordura nel fantastico giardino della marrana (così sono chiamate dai locali le poche aiuole che circondano i tre monoliti), ha effetti allucinogeni sui gatti, e stamani ha chiesto il mio aiuto per coglierne un mazzolino da portare ai suoi tre gatti.
A rebours, forse la nepeta ha effetto anche sugli uomini?, mi è tornato in mente un episodio di tanti anni fa, quando con Raffaele e alcuni suoi ex compagni di studio, nei boschi della Catalunia, un pomeriggio di settembre, abbiamo mietuto una piccola coltivazione di cannabis sativa, seminata dal Raffa e dai suoi ex colleghi qualche mese prima, come suggello della loro amicizia. Ricordo quel giorno come particolarmente spensierato, il classico giorno del cazzeggio universitario, quando non si sa bene cosa fare, ma si sta facendo comunque qualcosa.
Il viaggio all’interno della mia mente si sposta sempre più a ritroso nel tempo, e mi ricordo di un professorone, per la stazza e per la preparazione, dell’università, che durante una lezione di biologia molecolare, fece una digressione sociale, raccontando alla classe, di una ricerca svolta in Lunigiana sui libri parrocchiali. Anticamente in Lunigiana, terra estremamente povera, veniva coltivata in larga scala la canapa per uso tessile, e dai registri parrocchiali, dove erano segnate anche tutte le informazioni legati ai cicli della terra e della raccolta, risultavano registrati due periodi dell’anno particolarmente prolifici, che corrispondevano ai nove mesi dopo le due mietiture annue della pianta.
Quale sia il filo comune di tutti questi ricordi, oltre all’elemento botanico, non so spiegarmelo, molto probabilmente il mio cervello sta cogliendo un ordine nel disordine.

giovedì 21 febbraio 2008

Punto G



Oggi, 21 febbraio 2008, finalmente il genere umano ha una certezza in più.
Esiste il punto G.
Dopo anni e anni, di ricerca sono riusciti a fotografarlo! (vedi immagine)
È una specie di punto nero, oddio la definizione non è delle migliori, non che sia esperta nel leggere ecografie e radiografie, però dando un’occhiata alle immagini pubblicate sui giornali, non saprei con quale altra terminologia indicarlo.
Fisiologicamente, il punto G si presenterebbe come un ispessimento della parete vaginale, che si vede, si fa fotografare e si può misurare. Però, c’è un però, solo alcune donne hanno il punto G. Come dice Sara è una questione di geni.
Jacopo Fo, uno dei più grandi esperti in materia, ha rassicurato un po’ tutte dicendo, che il punto G è patrimonio genetico comune, però in alcune donne è atrofizzato, vuoi per mancanza di materia prima, vuoi per i soliti mal di testa sempre più frequenti. Sempre secondo il gran maestro, però esercizi mirati e una pratica costante, possono aiutare a dare una svolta alla situazione.
Ho pensato che per molte, allattate da questa notizia, sarebbe stato un fine settimana di fuoco, non il mio causa l'imminente arrivo di mamma e papà (devo pulire casa!!!), tutto fremiti e passioni, poi però vado a leggere che: “Gli uomini vanno in letargo a primavera”; praticamente in primavera gli si scatena quel tipo di mal di testa, che porta stanchezza cronica, e aumenta i livelli di stress e irritabilità.
Aspetteremo tempi migliori.

martedì 19 febbraio 2008

Santa subito!

Mi sono messa una mano sul cuore, un paio di zerinol nello stomaco e ho deciso di andare a lavorare.
Santa subito.

lunedì 18 febbraio 2008

Prodromi o postumi

È quasi ora della libera uscita, si potrebbe dire che anche oggi è fatta. Ma c’è qualcosa che non va. Non riesco a capire se siano i prodromi di una influenza o la sindrome del lunedì, che sta per colpire anche il martedì.
Sento freddo e non riesco a scaldarmi, ho messo sulle spalle anche uno scialle che gentilmente mi è stato non prestato, nel senso che era a disposizione, sulla sua postazione abbandonata, da una collega. Sembro nonna Abelarda, e mi sento il viso in fiamme con le guance rosse come quelle di Heidi.
Chissà quale sarà il verdetto?

venerdì 15 febbraio 2008

Foche

Metà delle notizie che vengono proposte quotidianamente sono studiate per cambiare la giornata, dare una svolta positiva, soprattutto quando gira male dal primo mattino. L’altra metà è una sorta di memento mori. Un giusto equilibrio per impedire ogni guizzo di attività pensante autonoma, e spirito d’iniziativa.
Su Repubblica.it, nello spazio cazzate del giorno, c’è il servizio fotografico fatto a Pamela Anderson, che ha accettato l’invito di Brigitte Bardot, e si è impegnata formalmente, anima e tette, a farsi ambasciatrice presso il governo canadese per chiedere la fine della caccia alle foche (causa nobile, ma poco credibile la Anderson come testimonial).
http://www.repubblica.it/2006/08/gallerie/gente/pamela-foche/1.html
Pamela incontra BB. "Difendiamo le foche"
In 30 anni siamo passati da W la foca, a difendiamo le foche.
Alla faccia dell’immobilismo.

giovedì 14 febbraio 2008

Le regole del gioco


Mi sono imbattuta in un saggio molto interessante, e più procedevo nelle lettura più si faceva concreta l’impressione di un deja vù o deja sentù: le promesse fatte nelle varie campagne politiche.
Ho riportato il concetto, che seppur riferito a un altro contesto, trovo fondamentale essere ricordato, parola per parola, virgole incluse, da qui al prossimo 13 aprile.
Meditate gente, meditate!

“Queste regole hanno qualche cosa di arbitrario e il primo venuto, se le trova assurde o soffocanti, è libero di rifiutarle e dipingere senza prospettiva, scrivere senza rima né cadenza, comporre suoni al di fuori della regolamentare armonia. Così facendo, egli non sta più al gioco e contribuisce a distruggerlo perché, proprio come per il gioco, queste regole esistono solo per il rispetto che si porta loro. Negarle tuttavia, è al tempo stesso abbozzare i criteri futuri di una nuova perfezione, di un altro gioco il cui codice, ancora vago, diventerà a sua volta tirannico, imbriglierà ogni audacia e metterà nuovamente al bando la fantasia sacrilega. Ogni rottura che infrange un divieto codificato prefigura già un altro sistema, non meno rigido né meno gratuito”.
Roger Caillois - Les jeux et les hommes, 1967

mercoledì 13 febbraio 2008

Sanvalentino

Non mi ero resa conto gli anni scorsi, che i media dessero così tanto spazio a San Valentino.
Chi ne ricostruisce la cronistoria, agiografia per i più colti, con tanto di miracolistica annessa, chi elargisce consigli sui regali per stupire sia lei sia lui, e chi fa una previsione economica di quanto andrà a incidere sull’inflazione di febbraio l’aumento dei ristoranti, dei fiori e della cioccolata.
E poi, le interviste che hanno iniziato a propinarci subdolamente dal giorno dopo la fine del carnevale, sull’importanza dell’amore nella vita di tanti emeriti sconosciuti. Veramente interessantissime. Trovo imperdibile e imperdonabile, scoprire come pincopallino abbia incontrato pincopallina, o non essere edotta sulle tecniche di seduzione usate da picopallina per far capitolare il suo pincopallino.
Dall’alto dei miei innumerevoli sanvalentini passati ho la competenza per poter affermare: niente regalini solo opere di bene, possibilmente dal carato in poi.

lunedì 11 febbraio 2008

Nuovo vocabolario enciclopedico della lingua quasi italiana



Non credevo di aver intrapreso una class action.
L’idea di scrivere un vocabolario con tutto il turpiloquio di una delle colleghe meno amate, era nata un po’ per esorcizzare il fatto che mi infastidiva il suo inutile parlare, un po’ perché aveva del ridicolo quel suo modo di distruggere e creare parole a suo personale consumo.
Invece stamattina, ho scoperto che il vocabolario ha trovato molti estimatori, è stata proposta la pubblicazione e la diffusione aziendale. Ma cosa più gradita mi sono arrivate email, con parole e frasi idiomatiche da inserire nella mia raccolta. Perle linguistiche che sarebbero andate irrimediabilmente perdute.
Frase del giorno:
Un paio di ciufoli quadrati o un par de ciufoli quadi: riferimento agli attributi del fortunato consorte.

domenica 10 febbraio 2008

Vita di città

Chissà se è vero che in America quando arriva un nuovo vicino gli si va a portare una torta per dargli il benvenuto?

Da poco meno di un anno sul mio stesso pianerottolo, nel portone di fronte al mio è venuta a vivere una ragazza, per ragazza intendo un elemento femminile dai 30 ai 40 anni. So che è una donna perché me lo disse il portiere l’ufficio informazioni condominiali, qualche mese fa; e dopo la sua venuta credo di averla incontrata forse, al massimo, tre volte, sempre di corsa, mentre una delle due stava rientrando o uscendo da casa, ma posso giurare che non avrei saputo dire se fosse stata bionda o mora, alta o bassa.

Abbiamo condiviso una parete, anzi ci ha separato un muro, neppure troppo spesso, perché io percepivo i suoi programmi televisivi o la sua radiosveglia che suona dieci minuti dopo la mia, ma senza sapere nulla l’una dell’altra.

Poi, stasera rientro a casa, e dopo qualche minuto sento che anche lei è davanti al portone di casa, sento che sta provando ad aprire, gira le varie mandate, diverse volte, tornando indietro, riprovando, sbuffando. Non avendo la sindrome della vicina dietro la porta, continuo a fare i fatti miei, andando avanti nel progetto di mettermi a fare una delle cose che più odio in assoluto e che continuo a rimandare, per la quale ho rinunciato a un cinema, cioè stirare le camicie e le magliette.

Stavo aspettando che il vapore si scaldasse e continuo a sentire dietro alla porta la vicina che gira la chiave, togliendola e mettendola nella serratura, penso di affacciarmi per vedere se ha bisogno di aiuto, controllando prima però di essere vestita in maniera dignitosa e non da profuga bosniaca.

Apro la porta, e lei subito si scusa per il rumore, ma non era mia intenzione lamentarmi per il rumore, e mi dice che non riesce ad entrare in casa, la porta è come fosse stata chiusa dall’interno. Metto a disposizione la mia abilità ma è veramente impossibile riuscire ad aprire la porta.

Il pianerottolo comincia ad affollarsi, varie consulenze, vari incontri con tanto di stretta di mano e piacere sono…, varie ipotesi, finché si delinea purtroppo la più concreta, nel fine settimana sono entrati dei ladri dalla finestra che hanno chiuso la porta dall’interno per lavorare indisturbati. Sicuramente non è stato un evento piacevole, ma per la prima volta ho conosciuto i vicini. Ho invitato Lucia, la vicina derubata, e altri due vicini a prendere un te in attesa che arrivassero i carabinieri, che sono venuti, solo pochi minuti fa, quando Lucia era riuscita ad entrare in casa e io mi ero messa in fine a stirare.

La vita di città porta a vivere ognuno chiuso tra le sue quattro mura, tutti presi dal proprio piccolo mondo, senza torte da condividere o bistecche sul barbecue da offrire ai vicini, poi una finestra forzata e una porta chiusa fanno conoscere la persona dell’appartamento di fronte quella che si sveglia dieci minuti dopo.