Ieri sera mentre stavo aspettando la metropolitana, mi hanno sottoposto un questionario per sondare il livello di percezione che l’utente medio ha del servizio.
Ovviamente il sondaggio era strutturato in modo da non mettere mai in luce o evidenziare i disservizi e i malfunzionamenti del trasporto sotterraneo, le domande erano tutte molto aleatorie, quasi da conversazione tra sconosciuti, tipo: Dove sei salito? Dove scendi? Quante volte usi la metropolitana? Biglietto o abbonamento? Cosa prepari questa sera per cena?
Non mi hanno chiesto perché, secondo me, per percorrere lo spazio di 2 fermate ci si impiega lo stesso tempo di una missione su marte, o perché la velocità è pari a quella di una processione sulle ginocchia. Non chiedono quanto è funzionale il trasporto stesso, ma se la frequenza radiofonica trasmessa nelle stazioni sia, secondo l’utente medio, quella rispondente alle sue esigenze.
E soprattutto non hanno fatto neppure una misera domanda sui congegni che emettono i biglietti.
Lì sarei stata preparatissima. Perché fare un biglietto in metropolitana è cosa per pochi; i giapponesi passano delle mezze giornate davanti alla macchinetta (l’altra mezza giornata a fare la fila davanti ai negozi di alta moda); i turisti, in generale, spiano incuriositi gli indigeni o presunti tali che sembrano dimostrare un po’ di sicurezza davanti ai totem bigliettiferi, per ripetere movenze e combinazioni.
Sicuramente le telecamere di sorveglianza sono collegate con i monitor di antropologi e scienziati evoluzionisti, che studiano come l’italiano medio affronta le piccole difficoltà quotidiane, senza supporto alcuno (il famoso aiutino); si dice che, per contratto, i ‘custodi’ della metropolitana non devono mai alzare il sedere dalle loro sedie, neanche per soccorrere la povera vecchina che non vede in quale buco inserire la moneta.
In un anno solare, ho visto e sperimentato 4 diversi modelli di distributori di biglietti, il primo, il più antico, resisteva sulla piazza da anni e anni, bisognava selezionare la tipologia e il numero di biglietti toccando una membrana più o meno gommosa, si introducevano le monete in una fessura simile a quella di un salvadanaio, o le banconote in una fessura più lunga e sottile, e in caso di introduzione di un importo maggiore rispetto al valore dei biglietti le macchine erano in grado di erogare il resto insieme ai biglietti stessi; l’operazione era accompagnata da diversi tipi di suoni che scandivano il ritmo delle operazioni: bip, glonc, zzztt.
Il secondo tipo di macchina emetti-biglietti, era un modello touch screen, toccando il video si selezionava il tipo e la quantità di biglietti, un secco e meccanico bip accompagnava i gesti e le scelte del fattore umano, mentre i soldi introdotti in fessure, simili a quelle del modello precedente, emettevano un suono sordo, la discesa del vil denaro nel cuore del meccanismo; da che la macchina si accendeva come un flipper, uscivano i biglietti caldi, appena stampati.
Il 3 modello ha avuto breve durata sul mercato, era un monolite inquietante, nessuna possibilità di scelta, l’importo introdotto emetteva in automatico i biglietti, per un massimo di 4, e senza resto. Una macchina senza cuore.
L’ultimo tipo l’ho sperimentato, giusto, la scorsa settimana, una nuova macchina, grigia e rossa, forse in onore alle festività incombenti. La peculiarità di questa macchina è il sistema di introduzione delle monete, una guida in verticale, che sfida qualsiasi legge di gravità, consente di introdurre le monete 1 a 1, però con estrema lentezza, con tanta pazienza, simile a un esercizio di meditazione buddista, indispensabile per non destabilizzare la suscettibilità e l’equilibrio della macchina. E con fare schifato, per ben 3 volte consecutive, ha risputato i soldi nella tasca di emissione dei biglietti, lasciandomi tra lo stoccafisso e l’indispettito.
Ma tornando alla domanda proposta dall’intervistatore: biglietto o abbonamento?, ha sicuramente una valenza più profonda di quel che si vuol far credere; la scelta 'biglietto' scheda l’utente medio in una qualche particolare lista, un interessante caso da laboratorio da tenere sotto osservazione.
Se non avrete mie notizie nelle prossime 24 ore, è perché sono stata rapita dai servizi segreti della metropolitana.
Ovviamente il sondaggio era strutturato in modo da non mettere mai in luce o evidenziare i disservizi e i malfunzionamenti del trasporto sotterraneo, le domande erano tutte molto aleatorie, quasi da conversazione tra sconosciuti, tipo: Dove sei salito? Dove scendi? Quante volte usi la metropolitana? Biglietto o abbonamento? Cosa prepari questa sera per cena?
Non mi hanno chiesto perché, secondo me, per percorrere lo spazio di 2 fermate ci si impiega lo stesso tempo di una missione su marte, o perché la velocità è pari a quella di una processione sulle ginocchia. Non chiedono quanto è funzionale il trasporto stesso, ma se la frequenza radiofonica trasmessa nelle stazioni sia, secondo l’utente medio, quella rispondente alle sue esigenze.
E soprattutto non hanno fatto neppure una misera domanda sui congegni che emettono i biglietti.
Lì sarei stata preparatissima. Perché fare un biglietto in metropolitana è cosa per pochi; i giapponesi passano delle mezze giornate davanti alla macchinetta (l’altra mezza giornata a fare la fila davanti ai negozi di alta moda); i turisti, in generale, spiano incuriositi gli indigeni o presunti tali che sembrano dimostrare un po’ di sicurezza davanti ai totem bigliettiferi, per ripetere movenze e combinazioni.
Sicuramente le telecamere di sorveglianza sono collegate con i monitor di antropologi e scienziati evoluzionisti, che studiano come l’italiano medio affronta le piccole difficoltà quotidiane, senza supporto alcuno (il famoso aiutino); si dice che, per contratto, i ‘custodi’ della metropolitana non devono mai alzare il sedere dalle loro sedie, neanche per soccorrere la povera vecchina che non vede in quale buco inserire la moneta.
In un anno solare, ho visto e sperimentato 4 diversi modelli di distributori di biglietti, il primo, il più antico, resisteva sulla piazza da anni e anni, bisognava selezionare la tipologia e il numero di biglietti toccando una membrana più o meno gommosa, si introducevano le monete in una fessura simile a quella di un salvadanaio, o le banconote in una fessura più lunga e sottile, e in caso di introduzione di un importo maggiore rispetto al valore dei biglietti le macchine erano in grado di erogare il resto insieme ai biglietti stessi; l’operazione era accompagnata da diversi tipi di suoni che scandivano il ritmo delle operazioni: bip, glonc, zzztt.
Il secondo tipo di macchina emetti-biglietti, era un modello touch screen, toccando il video si selezionava il tipo e la quantità di biglietti, un secco e meccanico bip accompagnava i gesti e le scelte del fattore umano, mentre i soldi introdotti in fessure, simili a quelle del modello precedente, emettevano un suono sordo, la discesa del vil denaro nel cuore del meccanismo; da che la macchina si accendeva come un flipper, uscivano i biglietti caldi, appena stampati.
Il 3 modello ha avuto breve durata sul mercato, era un monolite inquietante, nessuna possibilità di scelta, l’importo introdotto emetteva in automatico i biglietti, per un massimo di 4, e senza resto. Una macchina senza cuore.
L’ultimo tipo l’ho sperimentato, giusto, la scorsa settimana, una nuova macchina, grigia e rossa, forse in onore alle festività incombenti. La peculiarità di questa macchina è il sistema di introduzione delle monete, una guida in verticale, che sfida qualsiasi legge di gravità, consente di introdurre le monete 1 a 1, però con estrema lentezza, con tanta pazienza, simile a un esercizio di meditazione buddista, indispensabile per non destabilizzare la suscettibilità e l’equilibrio della macchina. E con fare schifato, per ben 3 volte consecutive, ha risputato i soldi nella tasca di emissione dei biglietti, lasciandomi tra lo stoccafisso e l’indispettito.
Ma tornando alla domanda proposta dall’intervistatore: biglietto o abbonamento?, ha sicuramente una valenza più profonda di quel che si vuol far credere; la scelta 'biglietto' scheda l’utente medio in una qualche particolare lista, un interessante caso da laboratorio da tenere sotto osservazione.
Se non avrete mie notizie nelle prossime 24 ore, è perché sono stata rapita dai servizi segreti della metropolitana.
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