venerdì 7 dicembre 2007

Sette dicembre duemilasette


Non è una novità, e che non sia una novità è ancora più grave.
Questa mattina è morto il secondo operaio rimasto coinvolto in un incendio in un’acciaieria di Torino.
Un'altra persona è morta mentre stava lavorando, questa è la notizia, e trovo meschino vedere stampate ovunque le solite informazioni personali di circostanza: età, stato civile, numero di figli a carico. Come se avere 38 o 48 anni avesse un diverso peso per la persona morta.
Viviamo in un paese dove il lavoro è un’idea aleatoria, un concetto nebuloso.
Lavorare è diventa un privilegio non un diritto.
Pur di riuscire ad avere uno stipendio minimo, con il quale provare a vivere, si è disposti a fare di tutto, annichilendo la figura umana, e trasformandola in una risorsa; perché ci hanno sempre detto che comanda chi ha il coltello dalla parte del manico. E la voce grossa possono farla solo i figli; i figliastri, è più saggio che facciano buon viso a cattivo gioco.
Poco tempo fa sono stata chiamata in causa per la stesura di un codice etico aziendale, per chi fosse un po’ più addentro ai lavori si tratta del Ex D.Lgs 231/01, e sono sicura che in vita mia non ho mai scritto tante bugie tutte insieme. Il paragrafo 1.6 che riporto per intero, riassume forse le più gravi:
ai collaboratori, la cui integrità fisica e morale è considerata valore primario per l’azienda, vengono garantite condizioni di lavoro rispettose della dignità individuale, in ambienti di lavoro sicuri e salubri (D.Lgs. 626/94 e s.m.i.), mediante il monitoraggio, la gestione e la prevenzione dei rischi connessi allo svolgimento dell’attività professionale.

A distanza di giorni, tutte le volte che lo rileggo, mi si stringe il cuore.

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