Ieri mattina mentre stavo facendo colazione, sfogliando Io Donna sono riuscita a farmi andare di traverso l’attuale e i futuri pasti della giornata:terminata con attacco bulimico a base di ciliegie e smarties. La causa di cotanto dolore è stato un pezzo di Maria Laura Rodotà sul maschilismo, e in particolare sul maschilismo nell’ambiente di lavoro. Quanto è tristemente vera l’analisi che dallo sparecchiamento del tavolo, una metafora delle tante cose che ci si aspetta dalle donne, scivola verso la misoginia negli ambienti di lavoro. La Rodotà nella sua lista ha però, secondo me, dimenticato di citare il metodo “notte d’inverno”. In inverno, almeno in passato quando non era ancora diffuso l’uso dei piumoni, ogni volta che la temperatura si abbassava un po’ si era soliti aggiungere una coperta per contrastare il freddo. Alla fine dei mesi invernali si veniva a creare una sorta di stratificazione di coperte che stritolava chi avrebbe voluto semplicemente dormire alla giusta temperatura. Nei posti di lavoro succede più o meno la stessa dinamica. Alla struttura lavorativa si aggiungono “coperte” segnalate da qualcuno (di solito il qualcuno è la persona a cui ci si rivolge per cercare un qualche beneficio, ad esempio un nuovo e più lucroso appalto). Le nuove coperte diventano più pregiate delle precedenti, che spesso finiscono con l’essere spinte fra i piedi in fondo al letto. Coperta dopo coperta l’ambiente diventa ingestibile trasformandosi in un circolo vizioso di dipendenti di serie A, B, C, D… che si stratificano nel tempo e nello spazio dell'ufficio.
lunedì 22 giugno 2009
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