mercoledì 14 novembre 2007

Mantenere le postazioni


Piove. I giornali avevano annunciati allarmati una brusca caduta delle temperature, che subito sono state definite siberiane (questa mania di definire tutto, di ridurre in schemi). E così questa mattina, il potere dell’informazione, molti hanno tirato fuori dai cassetti i maglioni con fiocchi di neve ricamati, i doposci stile abominevole uomo delle nevi, sciarpone che all’evenienza si trasformano nella coperta di nonna Abelarda.
Piove. Ma il freddo tanto annunciato e tanto temuto, alla fine non è arrivato. Stamani sono salita sulla navetta aziendale tutta sudata: avevo accelerato il passo per recuperare il ritardo, ma la stratificazione di vestiti, veramente eccessiva, mi faceva percepire il caldo di un mezzogiorno d’agosto.
Piove. In ufficio vige una strana atmosfera, le persone che di solito urlano e si incazzano, sono silenziose e pensierose; quelle che di solito sono remissive e operative, stanno digrignando i denti. Si respira l’aria che precede i grandi mutamenti.
Piove. Vorrei tanto starmene sotto le coperte a dormire, all’asciutto, potermi togliere le scarpe che si sono riempite d’acqua, e avere un te caldo con tanti biscotti. Ma bisogna “mantenere la postazione, fintanto che non sarete rimossi”.
Piove. Penso alle colline che circondano la casa dove sono nata e al loro colore quando sono bagnate, diventano di diverse sfumature di verde, dal verde bottiglia al verde petrolio, hanno colori che ti riempiono gli occhi e lo spirito, sembra quasi di respirarlo tutto quel verde.
Piove.

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