…ma ha girato e conosce la gente e mi dice: stai attento che resti fuori dal gioco se non hai niente da offrire al mercato…
Ieri mattina ho avuto un incontro ravvicinato con il direttore, e come spesso accade i miei incontri con la direzione in realtà sono scontri e incomprensioni. Le premesse erano buone, mi stavo comportando bene, avevo i capelli in ordine e ben pettinati, sorridevo con garbo in segno di approvazione, annuivo silenziosa e compita, e indossavo anche abiti femminili. Un piacevole spettacolino, da consumata attrice ero impegnata nella parte del dipendente del mese. Ma come in tutti gli spettacoli a braccio l'andamento del copione è spesso imponderabile.
Dopo aver stabilito e trovato diversi punti di contatto e aderenze, stavo uscendo per mettermi al lavoro, quando a trabocchetto sono stata interpellata sui regali di natale per i dipendenti.
Penso che un po' tutte le aziende abbiano una suddivisione nella tipologia dei regali, comunque nella azienda dove lavoro i regali sono suddivisi per tipologia: tipo A-B-C-D, dove A è il regalo top, mentre D, come si può evincere anche dalla lettera, il regalo per il dipendente.
Nel regalo A lo scorso anno c'era una bottiglia di Morellino di Scansano, un pezzo di parmigiano, un panettone artigianale, altre leccornie e poi un riproduttore di musica mp3 (quello di marca, molto di tendenza e molto costoso), via via, il contenuto andava scemando e nel pacco di tipologia D c'era un pandoro o panettone, a scelta, semplicemente imbustato e fabbricato in Cina (che fosse made in China si capiva fin troppo bene dal vago sapore di fritto e di salsa di soia), una bottiglia di metanolo travestito da vino bianco con le bollicine, una scatola di fichi secchi e 3, dico 3 non perchè voglio essere cinica ma perché corrispondeva al numero esatto, barrette quelle con più latte e meno cacao.
Da bianco natale a natale in bianco.
La consegna del pacco è stata accompagnata da grande cerimonia con tanto di gran ciambellano e saltimbanchi, un sobrio discorso di circostanza sottolineato da uno spontaneo applauso finale, e qualche occhio lucido di commozione "quanto siamo bravi", "quanto siamo generosi", "Grazie! Grazie!", "troppo buoni!"
Finita la pagliacciata, un po' intimoriti, senza dare nell'occhio, qualcuno osò aprire il pacco; il dubbio era: aprire o aspettare il giorno di natale per godersi la sorpresa?
Alla fine, in tutti prevalse la curiosità, subito seguita però dal disgusto, da quel vago senso di averlo preso… male, molto male.
Soprattutto quando una quindicina di eletti sfoggiarono, senza vergogna, davanti ai paria, salmone norvegese, caviale, e gli altri prodotti del pacco A.
Ma torniamo alla domanda trabocchetto di ieri: "cosa pensa se anche quest'anno proponiamo agli schiavi, ops ai dipendenti, il pacco dello scorso anno?"
In un primo tempo avevo capito che c'era l'intenzione di riesumare dal magazzino gli eventuali pacchi avanzati dallo scorso anno, e ho pensato a una strategia di rapida e drastica riduzione del personale. Riordinate le idee, ho rivissuto lo spettacolo degli occhi tristi dei miei colleghi (miei compresi), la delusione dei più giovani, l'abituale frustrazione dei più anziani davanti al pacco dono. Ho riassaporato tutte le amarezze di quel giorno di quasi festa, e soprattutto ho ricordato lo sguardo d'odio del mio portiere, quando gli ho riciclato il pacco, e l'azione di sabotaggio che mise in pratica nei miei confronti per tutto il mese di gennaio.
E timidamente ho fatto una controproposta, perché non raccogliere i soldi, non tanti soldi per la verità, destinati "al budget regali serie D" e fare una donazione a qualche onlus?
In un primo tempo avevo capito che c'era l'intenzione di riesumare dal magazzino gli eventuali pacchi avanzati dallo scorso anno, e ho pensato a una strategia di rapida e drastica riduzione del personale. Riordinate le idee, ho rivissuto lo spettacolo degli occhi tristi dei miei colleghi (miei compresi), la delusione dei più giovani, l'abituale frustrazione dei più anziani davanti al pacco dono. Ho riassaporato tutte le amarezze di quel giorno di quasi festa, e soprattutto ho ricordato lo sguardo d'odio del mio portiere, quando gli ho riciclato il pacco, e l'azione di sabotaggio che mise in pratica nei miei confronti per tutto il mese di gennaio.
E timidamente ho fatto una controproposta, perché non raccogliere i soldi, non tanti soldi per la verità, destinati "al budget regali serie D" e fare una donazione a qualche onlus?
In fondo quel panettone e quella bottiglia di vino non fanno la differenza, mentre magari l’importo può servire a qualcosa di importante e nobile (niente fiori, solo opere di bene).
Il sorriso da babbo natale, clemente e pietoso, forzatamente tenuto sulla faccia del direttore si è trasformato a quelle parole in un ghigno da vampiro pronto a succhiare il sangue alla sua vittima (animo umano così falso e meschino!).
“Qui si sbaglia; i dipendenti si aspettano il regalo. Il panettone e la bottiglia di vino fanno la differenza per il dipendente che guadagna 1000 euro al mese”. E da lì, è partito lo sproloquio di un’analisi di economia domestica, il conto della serva in stile Economist, la lezione del buon padre di famiglia su come tirare la cinghia (peccato che il rapporto stipendi messi a confronto sia 9 a 1).
Non mi è sembrato il caso di proseguire nelle mie ragioni, e ho tagliato la corda grazie anche a un’importante telefonata che mi era arrivata in quel momento.
Però credo, anzi, scusate la presunzione, so cosa si aspetta il dipendente da 1000 euro al mese, e allo stesso modo so che un panettone e una bottiglia di vino di terza categoria, distribuiti con lo stesso entusiasmo di quando viene diagnosticato un hepers nella zona genitale, non fanno la differenza.
Il sorriso da babbo natale, clemente e pietoso, forzatamente tenuto sulla faccia del direttore si è trasformato a quelle parole in un ghigno da vampiro pronto a succhiare il sangue alla sua vittima (animo umano così falso e meschino!).
“Qui si sbaglia; i dipendenti si aspettano il regalo. Il panettone e la bottiglia di vino fanno la differenza per il dipendente che guadagna 1000 euro al mese”. E da lì, è partito lo sproloquio di un’analisi di economia domestica, il conto della serva in stile Economist, la lezione del buon padre di famiglia su come tirare la cinghia (peccato che il rapporto stipendi messi a confronto sia 9 a 1).
Non mi è sembrato il caso di proseguire nelle mie ragioni, e ho tagliato la corda grazie anche a un’importante telefonata che mi era arrivata in quel momento.
Però credo, anzi, scusate la presunzione, so cosa si aspetta il dipendente da 1000 euro al mese, e allo stesso modo so che un panettone e una bottiglia di vino di terza categoria, distribuiti con lo stesso entusiasmo di quando viene diagnosticato un hepers nella zona genitale, non fanno la differenza.
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