mercoledì 21 novembre 2007

Tempi che passano


Tutto è iniziato con una notizia tra lo scandalistico e lo studio sociale di giovani ragazzine italiane che vendevano prestazioni sessuali per saldare i debiti di gioco di alcuni amici. Colpa dell'accesso, privo di controllo, ai giochi d'azzardo, colpa di un substrato culturale-famigliare disagiato, colpa della televisione e dei modelli proposti.
La notizia è stata approfondita, il giorno seguente, da un importante quotidiano, con i toni dello scaldaletto di provincia, dello spiato dietro la serratura, della rivelazione del 2007. E si scopre che, secondo un’indagine dell’associazione pediatri italiani, le ragazzine di 12 anni passano il sabato pomeriggio in discoteca. All'insaputa dei genitori!!!
Escono di casa vestite da educande e si trasformando in regine della trasgressione. Nei loro zainetti nascondono magliette trasparenti, minigonne con sottocoda in bella mostra, pronte a saltare sui cubi e trasformarsi in lap dancers.
Da queste postazioni di controllo e dominio, lanciano sguardi maliardi ai ragazzi, ma solo i più fortunati (o forse solo appetibili) potranno consumare il premio: un flirt veloce, sui divanetti della discoteca.
Come passano i tempi, ma questa volta non mi sembra che sia tanto cambiato l’italico costume degli adolescenti.
Intorno ai 13-14 anni, anni luce fa, qualche volta di nascosto, frequentavo una discoteca, la domenica pomeriggio (il sabato pomeriggio, allora, era solo un riferimento alla poetica leopardiana) dal nome conturbante: Alhambra.
La frequentazione e i frequentanti avevano trasformato il nome in un più popolare e confidenziale La Lambra.
La nuova etimologia nasceva dall'abitudine colloquiale di mettere l'articolo davanti a qualsiasi nome e dall'ignoranza del riferimento al palazzo moresco.
La Lambra era luogo di perdizione morale, il suo nome evocava vicende inenarrabili capitate ad amici di amici, quelle da raccontare a bassa voce; La Lambra era un covo di delinquenza, per chi lo frequentava non ci sarebbe stata una via di ritorno, ma solo una discesa negli inferi del vizio, della lussuria, della disperazione.
La fama del locale, da tempo, aveva oltrepassato i confini addirittura provinciali se non regionali.
Ovviamente i genitori non sapevano, non dovevano sapere, o forse sapevano e controllavano da lontano.
Ricordo ancora di una zia di mia mamma, oggi quasi centenaria, che una volta con il suo fare burbero e severo, tipico delle persone che avevano a che fare con la terra e con le bestie, puntò i suoi occhi nei mie e mi chiese “Tu non vai alla Lambra, vero? Sono tutte puttane le ragazze che vanno là”. Credo che il mio diventare rossa fosse stato interpretato più come un imbarazzo nel sentire la parola puttana, piuttosto che come una silenziosa ammissione di colpa, per aver messo piede in questa lupanara.
Comunque posso dire che La Lambra era solo un luogo nella fantasia degli adulti, di quelli che non ci hanno mai messo piede, dei cacciatori alle streghe e degli inquisitori.
Nei miei anni di frequentazioni (anch’io uscivo di casa acqua e sapone e poi mettevo rossetto, mascara e terra indiana - che oscenità io così diafana assumevo un colorito giallo ocra - e indossavo jeans tutti strappati sul sedere, ovviamente usando il bagno della discoteca come spogliatoio) ho visto solo qualche scontro fisico tra i soliti gruppi di diverse etnie (montanari vs marinelli), la solita rissa con gli amici che si trattengono l’un l’altro per evitare di farsi male: una specie di spettacolo con movenze che richiamavano un rito arcaico propiziatorio; ho visto qualche persona ubriaca vomitare quando andava bene nei bagni, altrimenti più o meno dove capitava; ho visto nuvole di fumo di sigarette reso più acre da quello di qualche canna; ho visto pomiciate più o meno spinte sui divanetti; ho visto le ragazze più spregiudicate al rimorchio dei tipi più fighi e ovviamente più grandi (voglio dire chi si sarebbe mai “messa” con un coetaneo brufoloso e tonno), esibiti come tronfeo di caccia alla fine del pomeriggio; ho visto corpi più o meno vestiti, ma in discoteca fa un caldo tropicale, ballare, muoversi con fare da pantera, in incontri ravvicinati che simulavano amplessi; ho visto i tardoni bavosi venire a caccia di carne fresca e tornare a casa con la coda tra le gambe…
E sono passata, incredibilmente, indenne attraverso tutti questi pericoli.
La storia della Lambra credo sia terminata più di una decina di anni fa, lo spazio destinato a luogo di divertimento, ha subito diverse trasformazioni; oggi se non ricordo male, ma non ne ho la certezza, dovrebbe essere, nientemeno che, una sala bingo. La triste fine di un mito.

1 commento:

Sara ha detto...

Ma il vero e proprio punto di non ritorno dell'Alhambra era la pista Afro, quella di sotto per intenderci. Lì nel giorno di Santo Stefano del 1985 tra il fumo delle sigarette e non solo ebbi un'apparizione indimenticabile: tale Luca P. originario del Peep di Avenza, biondo era e bello, come un cantante degli Spandau Ballet. Se ben ricordo, l'ho baciato a tradimento.