lunedì 26 novembre 2007

Tecniche di attracco

Ieri sera, mentre stavo aspettando l’autobus, completamente presa nei miei pensieri, sento una voce alle mie spalle. Voce maschile, non mi sembra di conoscerla, mi giro, vedo le labbra che continuano a muoversi, ma non ne ho percepito i suoni che sono emessi. Mi sembra educato chiedere cosa abbia detto, errore fatale!!!
“Sei qui da tanto?”. Questo è l’audio della domanda che non avevo recepito.
Sicuramente il mio sguardo da serial killer, gli ha suggerito la riformulazione in un:“Scusi, è da molto che aspetta il 46?”.
In questi casi la risposta non è importante, quello che importa è il tono, anzi il grugnito di guerra che fa riecheggiare un abominevole “NO”.
Era da po’ che non mi capitava di essere attraccata in questo modo, e pensavo fosse ormai una tecnica desueta, finita insieme agli ultimi film di Alvaro Vitali, Bombolo e Giovannona Coscia Lunga. Ma, se invece questa metodologia sussiste al passare degli anni, e delle mode, significa che ha una certa percentuale di successo; significa che qualcuno ha trovato la sua anima gemella, affinità elettive.
Per un po’ di tempo, mi sono sentita una calamita per casi umani, mi capitava di imbattermi in personaggi alquanto disturbati, che senza alcun motivo si sentivano in dovere di dare sfogo a tutto il loro repertorio di frustrazioni, logorrea, performance sentimentali.
Una volta, mentre stavo lavorando, una persona, che conoscevo perchè frequentava abitualmente il luogo di lavoro, più vicina ai sessanta che ai cinquanta, si avvicinò e mi disse che gli avevo ispirato una poesia. Dopo qualche giorno, mi venne a chiedere se avesse potuto leggermi la poesia, da me ispirata e a me dedicata, (altro errore fatale) gli risposi affermativamente. Passati altri giorni, si presentò con tanto di quaderno verde scuro, e sedutosi davanti a me, iniziò la lettura del componimento, che tralasciando l’argomento, che era ispirato alla mitologia del mio nome, e l’aspetto stilistico, era lunga oltre 30 pagine. Non so cosa si aspettasse da parte mia. Da quella volta cercai sempre di evitare anche solo lo sguardo.
Però l’episodio forse più eclatante, perché avevo coinvolto una specie di task force, per aiutarmi a identificare e smascherare l’autore, è di un paio di anni fa. Mettendo in moto la macchina per tornare a casa dal lavoro, una sera, trovai tutti i vetri e gli specchietti esterni scritti. “Ti amo” “Mi hai fatto male” “Io e te per sempre” “Ti voglio bene” “Non lasciarmi”. A distanza di tempo mi viene da ridere, ma quella sera, ne fui terrorizzata.
I giorni seguenti, sguinzagliaia tutti gli amici, che avevano preparato trappole, escogitato eventuali piani d’azione e soprattutto di fuga (non ho amici che fanno lotta greco-romana). Lo scrittore incompreso colpì altre due volte. Poi decise di cambiare macchina.
(I fatti sono un po’ diversi e più complessi. Fu fatta una denuncia. Però voglio ancora credere nella buona fede delle persone).

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