Mentre in questa calda estate si discute su chi siano gli immigrati (delinquenti o persone da aiutare) quali siano i loro diritti (matrimoni, scuole, sanità), mettendo in ordine l’archivio di un vecchio computer ho ritrovato un progetto che avevo preparato qualche anno fa per una mostra fotografica sull’immigrazione: quella italiana in Brasile. Senza troppe modifiche riporto di seguito la breve ricerca storiografica che avevo fatto allora e la “storia” dei carcamano.
Nel 1875 inizia in proporzione rilevante l’immigrazione italiana, soprattutto nello stato di San Paolo, e Genova è il principale porto d’imbarco del flusso migratorio per il Brasile.
La Traversata atlantica è penosa, in molti casi si sviluppano epidemie e non sono inusuali i naufragi – del 1906 è il drammatico naufragio della nave Sirio che provoca 219 vittime -.
La città di Santos è il principale porto d’entrata, una volta sbarcati gli immigrati sono fatti salire sui treni che attraversano il massiccio atlantico fino alla città di San Paolo. Nel centro di San Paolo si ergeva l’Ospitale degli Immigrati, che accoglie provvisoriamente gli immigrati che aspettano di essere smistati nelle fattorie del sud del paese. Il lavoro è duro e coinvolge l’intero gruppo familiare. Le famiglie vivono nelle fattorie, molte volte creando un piccolo villaggio denominato nucleo coloniale, l’obiettivo è di risparmiare per comprare la propria terra nel nuovo paese o per tornare in Italia con più soldi in tasca.
I dati sull'immigrazione in Brasile sono scarsi e spesso contraddittori. I numeri più affidabili sembrano essere quelli dell’Istituto geografico statistico brasiliano, che, fra il 1884 ed il 1939, stima siano entrati nel paese oltre 4 milioni di persone,di questi gli italiani rappresentano il contingente più importante, superando gli stessi portoghesi.
Arrivato per sostituire la manodopera schiava che andava assottigliandosi sempre più in seguito alla legge del Ventre Libero del 1871 (la legge prevede che i figli di madri schiave sarebbero stati liberi, per la completa abolizione della schiavitù bisogna invece aspettare sino al 1888), l'immigrato italiano era considerato, in quanto bianco e cattolico, qualitativamente superiore. Gli immigrati italiani subiscono però condizioni di lavoro e di vita molto difficili dall’indebitamento necessario a pagare il viaggio trans-oceanico alla mentalità schiavista di molti proprietari terrieri (nel 1902 il governo italiano cerca di porre rimedio allo sfruttamento della manodopera in Brasile, proibendo l'emigrazione sussidiata dallo stesso paese sud americano - Decreto Prinetti – ma come si dice la fame non si sazia con un decreto).
Senza la prospettiva di poter abbandonare la condizione di braccianti salariati e divenire piccoli proprietari, molti italiani si trasferiscono in città, dove divengono fruttivendoli, pescivendoli, giornalai, venditori di granaglie, attività, tutte queste, che non richiedono né capitali né competenze particolari. Gli immigrati sfruttano un settore, quello dei servizi, in rapido sviluppo per la crescita della capitale paulista, e nel quale non esiste concorrenza di rilievo. Importante, per i nuovi arrivati, è l'appoggio fornito dalla rete di relazioni con i connazionali e, più specificamente, con i compaesani. La presenza italiana è così forte e visibile da generare rigetto da parte dei brasiliani di alta estrazione. Questa reazione si estrinseca nella diffusione di pregiudizi e stereotipi negativi, sintetizzati nel termine carcamano. Il carcamano (sinonimo di italiano) è infatti il commerciante disonesto, che ruba sul peso della merce "calcando la mano" sul piatto della bilancia per alterarne la misurazione.
Molti dei quartieri di San Paolo sono creati dagli italiani: Bras, Bexiga, Barra Funda, Bom Retiro. Qui si ricostruiscono le comunità paesane, come naturale rete di protezione, ma anche come dei veri e propri ghetti razziali perché gli italiani assumono solo italiani, vivono tra i italiani e si sposano tra italiani dando così vita a una società a classi sociali molto chiuse. Sono testimonianza della massiccia presenza italiana le feste dei santi protettori che identificano, in modo inequivocabile, i luoghi di origine: nel Bexiga la Vergine Acheropita, venerata a Rossano Calabro; nel Bras, San Vito Martire, patrono di Polignano a Mare.
Con l'espansione della città, alcuni riescono a passare dal commercio al dettaglio al ruolo di grossisti. Questo è possibile anche grazie all'abitudine di affidare i propri risparmi ai connazionali di maggior prestigio, determinando così il fenomeno di "accumulazione originaria" che mette a disposizione di alcuni somme molto superiori a quanto non avrebbero potuto altrimenti risparmiare ed investire. Nascono quindi banche la cui attività si regge sulle rimesse degli emigrati verso l'Italia Gli italiani rappresentano la maggioranza della mano d'opera a San Paolo, alcuni creano piccole industrie familiari, altri si dedicano all'import-export. I brasiliani preoccupati però per l’ordine sociale nel paese e per l’economia locale, emanano due leggi per la regolamentazione dei flussi. Nel 1907 è approvata la legge Adolfo Gordo che permette l'espulsione dal Brasile degli stranieri coinvolti in attività sovversive e criminali, mentre nel 1934 la costituzione riserva 2/3 dei posti di lavoro per i brasiliani ed introduce un sistema di quote per l'ingresso degli immigrati nel paese.
Nel 1875 inizia in proporzione rilevante l’immigrazione italiana, soprattutto nello stato di San Paolo, e Genova è il principale porto d’imbarco del flusso migratorio per il Brasile.
La Traversata atlantica è penosa, in molti casi si sviluppano epidemie e non sono inusuali i naufragi – del 1906 è il drammatico naufragio della nave Sirio che provoca 219 vittime -.
La città di Santos è il principale porto d’entrata, una volta sbarcati gli immigrati sono fatti salire sui treni che attraversano il massiccio atlantico fino alla città di San Paolo. Nel centro di San Paolo si ergeva l’Ospitale degli Immigrati, che accoglie provvisoriamente gli immigrati che aspettano di essere smistati nelle fattorie del sud del paese. Il lavoro è duro e coinvolge l’intero gruppo familiare. Le famiglie vivono nelle fattorie, molte volte creando un piccolo villaggio denominato nucleo coloniale, l’obiettivo è di risparmiare per comprare la propria terra nel nuovo paese o per tornare in Italia con più soldi in tasca.
I dati sull'immigrazione in Brasile sono scarsi e spesso contraddittori. I numeri più affidabili sembrano essere quelli dell’Istituto geografico statistico brasiliano, che, fra il 1884 ed il 1939, stima siano entrati nel paese oltre 4 milioni di persone,di questi gli italiani rappresentano il contingente più importante, superando gli stessi portoghesi.
Arrivato per sostituire la manodopera schiava che andava assottigliandosi sempre più in seguito alla legge del Ventre Libero del 1871 (la legge prevede che i figli di madri schiave sarebbero stati liberi, per la completa abolizione della schiavitù bisogna invece aspettare sino al 1888), l'immigrato italiano era considerato, in quanto bianco e cattolico, qualitativamente superiore. Gli immigrati italiani subiscono però condizioni di lavoro e di vita molto difficili dall’indebitamento necessario a pagare il viaggio trans-oceanico alla mentalità schiavista di molti proprietari terrieri (nel 1902 il governo italiano cerca di porre rimedio allo sfruttamento della manodopera in Brasile, proibendo l'emigrazione sussidiata dallo stesso paese sud americano - Decreto Prinetti – ma come si dice la fame non si sazia con un decreto).
Senza la prospettiva di poter abbandonare la condizione di braccianti salariati e divenire piccoli proprietari, molti italiani si trasferiscono in città, dove divengono fruttivendoli, pescivendoli, giornalai, venditori di granaglie, attività, tutte queste, che non richiedono né capitali né competenze particolari. Gli immigrati sfruttano un settore, quello dei servizi, in rapido sviluppo per la crescita della capitale paulista, e nel quale non esiste concorrenza di rilievo. Importante, per i nuovi arrivati, è l'appoggio fornito dalla rete di relazioni con i connazionali e, più specificamente, con i compaesani. La presenza italiana è così forte e visibile da generare rigetto da parte dei brasiliani di alta estrazione. Questa reazione si estrinseca nella diffusione di pregiudizi e stereotipi negativi, sintetizzati nel termine carcamano. Il carcamano (sinonimo di italiano) è infatti il commerciante disonesto, che ruba sul peso della merce "calcando la mano" sul piatto della bilancia per alterarne la misurazione.
Molti dei quartieri di San Paolo sono creati dagli italiani: Bras, Bexiga, Barra Funda, Bom Retiro. Qui si ricostruiscono le comunità paesane, come naturale rete di protezione, ma anche come dei veri e propri ghetti razziali perché gli italiani assumono solo italiani, vivono tra i italiani e si sposano tra italiani dando così vita a una società a classi sociali molto chiuse. Sono testimonianza della massiccia presenza italiana le feste dei santi protettori che identificano, in modo inequivocabile, i luoghi di origine: nel Bexiga la Vergine Acheropita, venerata a Rossano Calabro; nel Bras, San Vito Martire, patrono di Polignano a Mare.
Con l'espansione della città, alcuni riescono a passare dal commercio al dettaglio al ruolo di grossisti. Questo è possibile anche grazie all'abitudine di affidare i propri risparmi ai connazionali di maggior prestigio, determinando così il fenomeno di "accumulazione originaria" che mette a disposizione di alcuni somme molto superiori a quanto non avrebbero potuto altrimenti risparmiare ed investire. Nascono quindi banche la cui attività si regge sulle rimesse degli emigrati verso l'Italia Gli italiani rappresentano la maggioranza della mano d'opera a San Paolo, alcuni creano piccole industrie familiari, altri si dedicano all'import-export. I brasiliani preoccupati però per l’ordine sociale nel paese e per l’economia locale, emanano due leggi per la regolamentazione dei flussi. Nel 1907 è approvata la legge Adolfo Gordo che permette l'espulsione dal Brasile degli stranieri coinvolti in attività sovversive e criminali, mentre nel 1934 la costituzione riserva 2/3 dei posti di lavoro per i brasiliani ed introduce un sistema di quote per l'ingresso degli immigrati nel paese.
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