martedì 29 settembre 2009

I cattivi sono finiti in trappola

Questa sera Roma potrà fare sonni tranquilli, perchè dopo una caccia di almeno due giorni che ha coinvolto non so quante guardie forestali è stato catturato il serpente a sonagli che era stato avvistato nella pineta di Ostia e che aveva reso la città più insicura.

Piece of my heart

Di solito non mi capita di copiare poesie o canzone sul mio blog. In questi giorni, però, mi è capitato di ascoltare spesse volte una canzone di Janis Joplin che prima mi ha dato la carica per affrontare alcune situazioni, a partire dai 30 minuti di jogging, che una mattina mi sono svegliata e ho fatto così d’impulso. Poi però per così dire mi è entrata in testa creandomi un po’ di dipendenza. Forse potrei quindi evitare questa dipendenza musicale vedendo scritto il testo, pieno di parole come yeah, baby, come on, oh yes, feel good.

Oh, come on, come on, come on, come on!

Didn't I make you feel like you were the only man -yeah!
Didn't I give you nearly everything that a woman possibly can ?
Honey, you know I did!
And each time I tell myself that I, well I think I've had enough,
But I'm gonna show you, baby, that a woman can be tough.

I want you to come on, come on, come on, come on and take it,
Take it!
Take another little piece of my heart now, baby!
Oh, oh, break it!
Break another little bit of my heart now, darling, yeah, yeah, yeah.
Oh, oh, have a!
Have another little piece of my heart now, baby,
You know you got it if it makes you feel good,
Oh, yes indeed.

You're out on the streets looking good,
And baby deep down in your heart I guess you know that it ain't right,
Never, never, never, never, never, never hear me when I cry at night,
Babe, I cry all the time!
And each time I tell myself that I, well I can't stand the pain,
But when you hold me in your arms, I'll sing it once again.

I'll say come on, come on, come on, come on and take it!
Take it!
Take another little piece of my heart now, baby.
Oh, oh, break it!
Break another little bit of my heart now, darling, yeah,
Oh, oh, have a!
Have another little piece of my heart now, baby,
You know you got it, child, if it makes you feel good.

I need you to come on, come on, come on, come on and take it,
Take it!
Take another little piece of my heart now, baby!
oh, oh, break it!
Break another little bit of my heart, now darling, yeah, c'mon now.
oh, oh, have a
Have another little piece of my heart now, baby.
You know you got it -whoahhhhh!!

Take it!
Take it! Take another little piece of my heart now, baby,
Oh, oh, break it!
Break another little bit of my heart, now darling, yeah, yeah, yeah, yeah,
Oh, oh, have a another little piece of my heart now, baby, hey,
You know you got it, child, if it makes you feel good.

giovedì 24 settembre 2009

Sogni d’oro

É sempre interessante sfogliare - si fa per dire perché con internet ci si limita a lavorare di mouse e di tasti – i giornali e le riviste americane, così prodighi di buoni consigli informazioni di pubblica utilità. Questa mattina (imperdonabilmente mi sono copiata l’articolo senza però registrare la testata) comunque, questa mattina, da qualche parte in America qualcuno potrà leggere quali cibi mangiare la sera per favorire un buon sonno. Tolto il vecchio rimedio del bicchiere di latte caldo, che personalmente non riesco a digerire neppure di mattina, l’articolo propone gli otto migliori cibi che hanno il “best shut-eye remedy”, cioè che producono rilassamento chimico, calmano i nervi e rallentano l’attività del cervello.

Al primo posto, niente meno che i popcorn, quelli senza grassi aggiunti ovviamente, perché il burro o sedicente tale rallenterebbe la digestione, comunque mezz’ora prima di dormire un pacchetto di pop corn produce tanta serotonina da stendere uno schizofrenico. Come seconda opzione è consigliato uno zuppone di farina d’avena guarnito con fette di banane, una bomba di melatonina. Se proprio la farina d’avena non rientra tra gli ingredienti che si comprano con una certa frequenza, si può rimediare con la proposta classificata al terzo gradino del podio, una tazza di yogurt bianco con due cucchiai di noci e nocciole, in grado di arricchire il sangue di lisina e arginina, “ine” che aiuterebbero a combattere lo stress.

Il quarto cibo induci-sonno è il sesamo, e una manciata di sesamo la sera si trasforma in triptofano, da quel che mi pare di capire una sorta di roipnol potentissimo. Le proposte inserite dal quinto posto all’ottavo posto mi lasciano un tantino scettica, però non vorrei sembrare la solita cinica criticona. Quinto posto: una manciata di pretzels low fat, che a queste longitudini non sono uno degli snack più facilmente reperibili sul mercato, anche perché ne hanno fatto incetta le compagnie aeree, che li propongono nella scelta del dolce o salato, accompagnato al bicchiere di cocacola. Sesto posto: un bicchiere di vino; che dire? Abbassa la pressione. In mancanza del vino si può ovviare con un bicchiere di succo di ciliegia senza zucchero (settimo posto), bibita che tutti hanno nel frigorifero o nella dispensa per chi la preferisce a temperatura ambiente. Infine, e qui viene la chicca, il fiore all’occhiello della ricerca, alla faccia di quelli che dicono che la peperonata “torna sù”, i ricercatori dell’università dell’Alabama (forse lo stato americano produttore di peperoni) consigliano di mangiare peperoni rossi per ridurre il cortisolo, ormone che genera lo stress, e fare sogni d’oro.

Giovedi, terra di nessuno


A proposito dei giorni della settimana, secondo un mio ex collega il giovedì è un giorno “terra di nessuno”, che tradotto significherebbe, senza speranza, insomma quasi peggio del lunedì. Infatti lui proponeva questa chiave di lettura della settimana: il lunedì è scritto nei codici del lavoro è il giorno terribile per statuto, perché significa la ripresa del lavoro e delle scocciature rimaste in sospeso da venerdi sera; martedi si è rientrati in carreggiata, infondo a tutte le cose anche le peggiori si fa l’abitudine; mercoledì è il giorno del massimo rendimento, si è in volata; venerdì fa pregustare la pausa del sabato e della domenica, è un giorno di speranza dove tutto è più leggero. Rimane fuori però il giovedi, il fine settimana è ancora lontano, e i ritmi del martedi e del mercoledì hanno prosciugato l’energia creativa o lavorativa, morale: il giovedì è terra di nessuno, un far west, un assalto alla diligenza nel cuore della settimana.

lunedì 21 settembre 2009

Che fatica!

Sarà una banalità uno stereotipo e un clichè ma il lunedì mattina è proprio faticoso. Di solito nelle mattine che vanno dal martedì al giovedì, ho dei tempi di reazione che si aggirano sui 30 minuti, cioè i primi trenta minuti da che entro in redazione sono dedicati alla lettura di alcune rassegne stampa (che mi arrivano prestissimo intorno quelle di oggi era cronometrata 7,17, la qualcosa significa che chi le fa inizia a lavorare intorno alle 5,30) che mi aiutano a emergere e proiettarmi su quello che sarà dopo. Il venerdì, che ha uno status tutto particolare e ha un sapore simile a un’imminente amnistia, o alla festa della liberazione, i tempi di introduzione al daffarsi sono un po’ più rapidi intorno ai 15 minuti. Il lunedì invece, è una tragedia, il mio cervello non vuole proprio saperne di svegliarsi: ha il segno del cuscino stampato nell’area somoestetica, il sapore del sonno memorizzato nelle area sensoriale della parola, l’istinto di tirarsi sù le lenzuola nell’area prefrontale. Ma soprattutto ha il senso del terrore di una nuova e lunga settimana da venire, un indefinito amaro in bocca e contrazioni alla stomaco, che opprimono l’area del gusto.

giovedì 17 settembre 2009

Prepararsi all’inverno

Grandi e piccoli segnali preannunciano un inverno difficile. Ieri mi è arrivato via mail un invito a partecipare a un seminario per la diffusione di uno stile di vita di serena e conviviale decrescita dal titolo La saggezza della lumaca. “Le ‘lumache’ e i ‘lumachi’ desiderano portare alla luce un nuovo immaginario, fondato sul profondo senso di ringraziamento per la vita, edificato sull'incanto verso l'esistenza, reso forte e stabile grazie a valori come semplicità e qualità, collaborazione e convivialità, solidarietà e condivisione”. I punti di forza del seminario vertono dall’autoproduzione di beni al risparmio energetico, da un bene comune della salute al tempo liberato. Che dire? Io da quasi due settimane ho iniziato a costruire perline di terracotta(i risultati prima della cottura e della verniciatura finale mi sembrano veramente soddisfacenti)perchè ho intenzione di regalarle a natale infilate in bellissime collane.

mercoledì 16 settembre 2009

È giusto lavorare?

Sto procedendo, anche se con una certa indolenza, nella lettura di La schiuma dei giorni di Boris Vian, e dopo una discussione sul lavoro e sulle sue condizioni, proprio ieri sera nelle pagine del libro ho trovato una buona risposta.

“Ma ti sembra che sia colpa loro se pensano che lavorare è giusto?”

“No, disse Colin, non è colpa loro. Tutto dipende dal fatto che gli hanno detto : ‘il lavoro è sacro, è bello, è buono, è la cosa più importante, e solo chi lavora ha tutti i diritti’. Però poi si fa il possibile per farli lavorare continuamente, così che loro non hanno il tempo di far valere i propri diritti”.

“Allora vuoi dire che sono scemi?” chiese Chloè.

“Si, sono scemi, disse Colin. È per questo che sono d’accordo con quelli che gli raccontano che lavorare è il massimo. Questo li libera dal problema di pensare di cercare di migliorare e di non lavorare più”.

lunedì 14 settembre 2009

Ieri è arrivato l’autunno


D’improvviso qualcuno ha girato l’interruttore delle stagioni e zac è arrivato l’autunno. Che noia, le giornate si sono fatte sensibilmente più corte, e tuoni minacciosi lasciano presagire che probabilmente questa sera non arriverò a casa asciutta. Bisogna prepararsi al lungo periodo invernale, quasi quasi me ne andrei in letargo.

mercoledì 9 settembre 2009

Palestra

Oggi ho fatto una lezione di prova in una palestra. La mia prima, spero non ultima, lezione in palestra dai tempi dell’ora di educazione fisica al liceo. Avevo pensato di sfruttare la pausa pranzo, invece che mangiando di tutto e di più, per dare un tono al mio fisico ormai più vicino ai 40 che ai 30. Da dove iniziare? Dalle mie movenze scoordinate e approssimative? Dal senso del ritmo delle altre? Dagli adddominali dimenticati? Dalla riprovazione generale del mio panino al formaggio dopo un’ora di salti, gamba su, gamba giù, braccio avanti, braccio indietro? Magari passo dopo passo riporterò, se mai ce ne saranno, dei mie progressi e impressioni e suggestioni sulla varia umanità che popola la palestra – e in questo caso ho idea che ce saranno –. Inizierei così dall’istruttore, un certo Diego, che a occhio e croce direi straniero (ma sono sicura che dalle prossime volte direttamente dallo spogliatoio conoscerò non solo la nazionalità) che per un paio di volte ha cercato di correggere i miei movimenti, poi mi ha guardato negli occhi e mi ha fatto capire che sarà una battaglia contro i mulini a vento. Io da parte mia non volevo fare la figura della neofita trippardona e ho cercato di copiare i suoi movimenti e di ascoltare le sue indicazioni, ma i primi erano troppo veloci e complicati – una sorta di coreografia che però tutte conoscevano a menadito, mentre io ero sempre con la gamba sbagliata, destra al posto della sinistra e viceversa, in terribile affanno per recuperare – i secondi invece erano incomprensibile per la musica che in confronto quella di un rave è una leggera brezza. E terminerei invece con il dopo, le gambe sono diventate di legno, anzi di gesso, perché il legno ha una certa seppur minima elasticità, e credo di non essere più in grado di fare una rampa di scale; non sento più le braccia (mi sto chiedendo come riescano le mie dita a battere sulla tastiera del computer) e credo anche di aver disimparato a camminare, infatti le mie caviglie barcollano come quelle di un ubriaco (però tutta salute). Quello che sta in mezzo tra l’istruttore e il dopo palestra, lo riserverò ai prossimi giorni, sia perché devo riprendermi sperando che un po’ di sangue torni a portare vita al cervello, sia perché non ho ancora le idee ben chiare se sia stato un viaggio dalla terra alla luna, un incubo o come era scritto sull’orario: lezione step.

lunedì 7 settembre 2009

Abiti indecenti

Avevo scritto di Lubna il cinque agosto in occasione del rinvio del processo. Oggi 7 settembre riprenderà a Khartoum il processo alla giornalista sudanese Loubna Ahmed al-Hussein, che potrebbe essere condannata a 40 frustate per avere indossato un abbigliamento considerato indecente: un paio di pantaloni. Dieci delle donne fermate con lei sono state successivamente convocate dalla polizia e frustate dieci volte ciascuna. Loubna Ahmed al-Hussein avrebbe potuto subire una sorte simile, ma ha contestato le accuse ed ha iniziato una campagna pubblica per abolire una legge che vieta a chiunque di indossare abiti "indecenti". L'articolo 152 del Codice penale sudanese del 1991, entrato in vigore due anni dopo il colpo di stato dell'attuale presidente Omar al Beshir, prevede una pena massima di 40 colpi di frusta per chiunque "commette un atto indecente o un atto che viola la moralità pubblica o porta abiti indecenti".

venerdì 4 settembre 2009

Riti apotropaici

Il presidente Usa Obama a detta della stampa americana avrebbe perso le sua aura magica, la sua prerogativa da eroe quasi mitologico. In un pezzo del Washington Post addirittura si insinua che Obama stia vivendo un periodo di crisi: “per un uomo abituato a essere una sorta di mito – scrive Charles Krauthammer – si tratta di una condizione molte difficile. Obama è diventato un politico come gli altri e per la prima volta appare mortale: difficilmente una persona dotata della sua straordinaria autostima riuscirà ad adattarsi a questa trasformazione”.

Sul Corriere.it di ieri e sull’edizione cartacea di oggi, sono invece state pubblicate delle fotografie di Sasha Obama che gioca a nascondino nell’ufficio ovale mentre il padre è alla scrivania. Con la delicatezza che spesso contraddistingue la stampa (si parla di maledizione dei Kennedy non di botta di culo), la foto viene paragonata a quella scattata qualche anno prima, nel 1963, che ritrae John John Kennedy nascosto sotto la scrivania del padre il presidente, Fitzgerald Kennedy. Ora non vorrei dire, ma penso che ad Obama gli sia venuta la voglia di darsi una bella grattatina, infondo anche gli eroi mitologici in qualche modo cercavanio di propiziarsi la dea fortuna.

Le città della gioia



Forbes.com ha stiallato la classifica delle città più felici del mondo, dove cioè le persone si divertono, sono felici, e vivono con leggerezza. Sul podio della felicità la città del carnevale, Rio de Janeiro, popolata da bellissime donne che ballano mezze nude (quando penso a questo luogo comune sulle brasiliane, mi torna sempre in mente una battuta di una mia amica rimasta un po ingrossata dalla gravidanza, che al marito ammirante le foto di ballerine di samba disse “ e certo che hanno quei culi lì, mica passando 8 ore al giorno davanti alla scrivania, loro di mestiere stanno 8 ore al giorno a muovere fianchi, glutei e cosce” ). La seconda città più felice è Sydney - l’Australia peraltro conquista un altro posto nella top five con la città di Melbourne –; Sydney è apprezzata per la socievolezza degli abitanti e lo steretipo è un grande barbecue con tanti amici e vicini di casa. La Spagna con Barcellona e Madrid conquista il terzo e il sesto posto, la prima è infatta considerata la città mediterranea ideale, con una grandiosa squadra di calcio, buon cibo, ottimo clima e culturalmente stimolante; Madrid invece ha una qualità di vita molto alta. La capitale commerciale dell’Olanda, Amsterdam, si piazza al quarto posto grazie alle sostanze psicotrope che si fumano nei locali e girano nell’aria, insomma la vera città sesso, droga e rock’n roll. Il divertimento italiano si difende con un mediocre ottavo posto grazie alla città di Roma con la giustificazione che secondo Forbes gli italiani sono sempre felici e in uno stato d’animo da party (party mood) – forse il motto wher’s the party? ha condizionato la percezione dell’italiano medio -.

mercoledì 2 settembre 2009

Partire dai numeri

Mi è stato chiesto di scrivere degli appunti sulla situazione lavorativa in Italia. Oltre alle esperienze personali, avevo pensato di raccogliere un po’ d’interviste per confrontare i diversi aspetti del lavoro in Italia: stipendi, contratti, qualifiche lavorative, ambiente, rapporti tra colleghi e superiori, ed aspettative disattese. Penso però che sia fondamentale partire dai numeri, cioè dai dati forniti da Eurostat. Per il 2008, l’indice di occupazione evidenzia una percentuale pari al 65.9 della popolazione adulta nell’area eu27 (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lithuania, Luxembourg, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Slovakia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito); nell’eu15 (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Luxembourg, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito) invece l’indice di occupazione arriva al 67.3 per cento. Senza voler prendere a modello paesi - distanti anni luce - come Danimarca con un indice di occupazione del 78.1 per cento, Olanda (77.2) o Austria (72.1), in Italia gli occupati sono il 58.7. della popolazione adulta, percentuale che ci porta a confrontarci con paesi come la Polonia e la Romania (59 per cento) e l’Ungheria (56.7). Percentuale che scende al 47.2 per cento se si censisce solo la popolazione lavorativa femminile, per inciso la media eu27 è del 59.1 per cento e arriva a 60.4 nell’eu15. Possiamo però consolarci dando un’occhiata ai dati sulla disoccupazione: nei paesi eu27 la percentuale di chi ha perso il lavoro a luglio 2009 è del 9 per cento, valore leggermente più alto nell’area eu15 (9.2). Per quante riguarda l’Italia i dati sulla disoccupazione si fermano a marzo di quest’anno ed è del 7,4 per cento, fortunatamente più bassa rispetto a Francia (9 per cento) e Spagna (17.2 per cento).

Ancora treni

Il rientro dalle vacanze, evento di per sé traumatico, è reso ancora più funesto dai mezzi di trasporto. Questa volta però non si tratta per mia fortuna di ritardi o questioni igieniche, bensì di rimborsi. Prima di acquistare il biglietto di ritorno, sono andata infatti in stazione per farmi rimborsare il ritardo di oltre un’ora e mezzo dell’andata. Nonostante però la buona volontà dell’operatrice allo sportello - voglio credere nella sua buona fede, senza dietrologie e pensieri maliziosi - del rimborso neanche l’ombra, perché trenitalia dava alla richiesta di rimborso una risposta incomprensibile, ne sì ne no, una sorta di indefinito senza prospettive. La soluzione proposta e caldeggiata dall’operatrice allo sportello - e anche in questo caso voglio credere nella sua buona fede, senza dietrologie e pensieri maliziosi- è stata quella di chiamare un numero di trenitalia a pagamento, ma questo non era stato specificato dall’operatrice allo sportello, che avrebbero potuto darmi maggiori informazioni e chiarimenti. Quanto ne possa valere la pena? Probabilmente la serie di telefonate utili per capire il problema, per verificare la reale responsabilità di trenitalia e l’eventuale conclusione della vicenda, sarebbero più costose del rimborso stesso – ho copiato qui sotto i dati inerenti i costi riportarti sul sito ufficiale – e così ho desistito, come credo la maggior parte di persone.

Da telefono fisso: Scatto alla risposta: 0 centesimi di euro (IVA inclusa) Costo al minuto: 9,91 centesimi di euro (IVA inclusa)
Da telefono mobile: La tariffa, in coerenza col proprio piano tariffario, è dipendente dal gestore di telefonia mobile. Ad esempio: una telefona di 3 minuti da telefono fisso avrà un costo di 30 centesimi di euro (IVA inclusa), da telefono mobile avrà un costo tra € 1,01 e € 1,38 (IVA inclusa)