Mentre cercavo dei dati e delle informazioni nell’archivio cartaceo, mi sono imbattuta su un ritaglio (conservato solo perché il retro di una pagina sul futuro del bipolarismo) dal titolo Donne 2009: più libere e meno felici. Non ho avuto il tempo, ne la voglia di leggere tutto l’articolo perché sembrava abbastanza noioso, in meno di 2 colonne erano citati i nomi di almeno una quindicina di economisti e sociologi, nonché riferimenti ad articoli e tesi quali happiness economics, the paradox of declining female happiness, bowling alone e anche un middletown, a study in modern american culture. (La parte più interessante è un mappamondo tutto colorato, che mostra come le donne più felici vivano in canada, paesi scandinavi, nuova zelanda, austria, irlanda e alcune isole tra la thailandia e l’australia; le più infelici in tutta la russia e paesi ex-urss, in cina e i molti paesi dell’africa. In europa le donne non sono né felici né infelici, essendo colorati i vari stati in blu e viola (i valori centrali della scala della felicità). Comunque a proposito di libertà e felicità, mi viene da pensare alla mia nonna, che comunque seppur donna nata nel 1916 in un piccolo paese del nord, ha sempre lavorato. Dapprima nell’attività dei genitori, un forno, quindi aprendo una sua attività commerciale. Lavorava poi anche in casa nel senso che come tutte le donne, senza troppi grilli per la testa, puliva e preparava da mangiare (quest’ultima attività peraltro senza particolare trasporto, e i geni non mentono); inoltre lavora nell’orto, vangava, zappava, seminava, e coltivava verdure, per un periodo ha avuto anche delle bestie (polli e conigli) cui doveva provvedere – cibo e pulizie –. Infine cuciva e lavorava a maglia, cuciva vestiti per me, mia sorella, per se e per mia mamma, e lo stesso dicasi per la maglia. Non so se fosse indipendente, nel senso di libera – come nel titolo dell’articolo; sicuramente in molti atteggiamenti era molto vincolata dalla mentalità del “non si deve fare, e poi la gente cosa dice”, cosi non credo sia mai andata a prendere un aperitivo con i suoi amici, o fosse mai andata a fare shopping, però sono sicura che non gli sia neppure mancato, cioè non ne avesse proprio l’esigenza, anche perché a volte prendeva la corriera e andava a carrara o a spezia all’upim o al mercato. E ogni tanto andava in gita. Non so neppure se fosse felice; non le ho mai chiesto se era felice, se la vita che aveva avuto rispondesse ai suoi sogni di ragazzina. Però al contrario di quello che sono le donne indipendenti di oggi, io inclusa, era molto stabile, aveva un equilibrio molto forte, granitico, non era sempre di corsa, sempre in affanno. Quindi forse tutta questa libertà, questa indipendenza, quest’emancipazione sono solo i diversi nomi dell’insoddisfazione.
lunedì 6 luglio 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento