Nel parlare comune, quando si vuol descrivere qualcosa di veramente buono, genuino, di indispensabile, si usa come parametro di riferimento il pane.
Buono come il pane, è per indicare una persona sulla quale si potrà fare sempre affidamento; ma anche pane al pane, vino al vino, niente di più lontano da periodi come questo, frutto di eterni compromessi; come diceva mia nonna prima o poi troverai pane per i tuoi denti, una profetica minaccia; o la tanto rivalutata saggezza contadina che propone pane e formaggio cibo da saggio, concludendo con il mistico e filosofico Non di solo pane vive l’uomo.
Stamattina, mentre camminavo, percorrendo stradine alternative, per arrivare al punto di raccolta per il lavoro, ho imboccato un nuovo vicolo, attratta dal profumo di pane appena sfornato. Era un piacere dei sensi, sentivo i miei piedi saltellare, come quelli di Neil Armstrong sulla crosta lunare, sopra morbida mollica bianca appena sfornata, i recettori olfattivi erano coinvolto in un’orgia dionisiaca-carnacialesca.
Allungando il passo, sono arrivata davanti all’entrata del forno dove quattro omaccioni tutti infarinati, si passavano sacchi pieni di pani da caricare su dei furgoni per le consegne parcheggiati dall’altro lato della strada. Vuoi la mia irresistibile presenza, vuoi la stanchezza, mentre stavano attraversando la strada si è rovesciato spaccandosi un saccone di pane. Che disastro. Che profonda tristezza. Milioni di persone che muoiono di fame, e ora qui in questo momento, tutto questo pane alla malora.
L’azione che ne è seguita ha dell’incredibile. Con estrema velocità e con altrettanta indifferenza, hanno raccattato il pane dall’asfalto ridistribuendolo dentro agli altri sacchi. Un attimo dopo sulla stradina erano rimasta solo briciole e farina.
Questa sera niente pane.
giovedì 31 gennaio 2008
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