Il ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, zitto zitto, lontano dagli occhi indagatori delle telecamere e dal cuore degli italiani, dopo mesi di terroristiche apparizioni mediatiche, sta tessendo una fitta trama di giochi finanziari. Strattonato dal cavaliere che per un paio di volte l’ha trattato come un cretino, nel gioco della politica italiana del tenersi a galla, cerca amicizia con la Lega da un lato, con la finanza prodiana dall’altro, per preparare un suo qualche progetto e tenere testa al deus ex machina della finanza italiana, Cesare Geronzi, che tutto può, tutto sa, tutto fa. Nell’ottica del “ti comincio a pestare un piede e se non ti lamenti ti spezzo una caviglia” stringe patti con il presidente della banca Intesa, Giovanni Bazzoli, in un momento di congiuntura astrale con Geronzi, promettendogli un ottimo scivolo per la pensione. In sintesi il buon Giulio vorrebbe traghettare Giovanni alla presidenza dello Ior (la cassa di risparmio del Vaticano), che da tempo cerca un sostituto al banchiere del papa, Angelo Caloia, e piazzare un suo uomo di fiducia in Banca Intesa. L’operazione machiavellica è resa possibile dagli scontri interni tra le diverse correnti cattoliche (CL vs Opus Dei vs Compagnia delle Opere), e dall’abile contromossa tremontiana di sistemare l’uomo che l’Opus Dei avrebbe voluto a contare i soldi del Vaticano, Ettore Gotti Tedeschi, alla presidenza del fondo F21. L’uomo ombra di Tremonti, che però piace tanto anche alla Lega, è il neo eletto presidente della banca Popolare di Milano, Massimo Ponzellini, che Luigi Amicone in un articolo lo descrive: “Bolognese, 58 anni, veste come un blues brother e porta gli stessi occhiali (originali di François Pinton) di Onassis, il mitico magnate greco che fu compagno della Callas e marito di Jacqueline Kennedy. Viene dal giro Iri di Romano Prodi ed è stato uno dei primi italiani ad avere ruoli non secondari nelle grandi istituzioni economiche europee”. Una girandola di nomi e di posizioni che ai più risultano noiosi e lontani dal quotidiano, che però tengono i fili, e forse anche altro, del paese. Ma soprattutto sembrano dimostrare che il mercato del lavoro e dell’occupazione si muove o quantomeno fa ammuina.
venerdì 8 maggio 2009
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